Pier Paolo Pasolini: dalla sua opinione sul movimento gay all’omicidio (irrisolto)

David Grieco, collaboratore dell'artista, ha confermato che nonostante vivesse la sua omosessualità apertamente, se ne vergognava.

pier paolo pasolini
Pier Paolo Pasolini, artista italiano a 360 gradi.
4 min. di lettura

Scopriamo chi era Pier Paolo Pasolini attraverso le voci di chi lo ha conosciuto. Poeta, regista, scrittore, giornalista. Pasolini era un artista a 360 gradi, e la sua morte ha scatenato molte reazioni diverse, a partire dai media del tempo, che dalla “morte di un gay”, considerata poca cosa, sono passati a descrivere uno degli scandali più controversi dello storia italiana, e non solo LGBT.

Pier Paolo Pasolini, la scoperta dell’omicidio

Il sesto appuntamento con la storia LGBT del podcast di Le Radici dell’Orgoglio rivive quel 1 novembre 1975, quando Pier Paolo Pasolini venne ucciso all’Idroscalo di Ostia.

Tra i giornalisti accorsi all’Idroscalo, c’era Fabrizio Carbone, di La Stampa. Carbone era un giornalista di cronaca nera, abituato a vedere i cadaveri, e lo aveva sempre fatto con un atteggiamento distaccato. Con Pasolini, non fu così. Ricorda ancora com’era pietrificato di fronte a quel brutale omicidio. A fianco della sua incredulità, c’era lo sgomento per alcuni colleghi, che consideravano quel crimine come un omicidio di serie B, e non perdevano occasione di sghignazzare quando c’era di mezzo una prostituta. Era una cosa comune, questa.

Lo spiega anche Andrea Pini, nel libro “Omicidi: gli omosessuali uccisi in Italia”. Nel caso di Pier Paolo Pasolini, i protagonisti sono due uomini: l’escort giovane e squattrinato  e l’uomo anziano e agiato. Spesso, l’escort non è gay, ma un etero che fa di tutto per sopravvivere, e che spesso proviene da ambienti omofobi. Non era una novità che il cliente venisse aggredito, a scopo di rapina. Solitamente, la vittima “se l’era cercata“.

Per Pasolini, il fatto che la vittima fosse omosessuale portava gli investigatori a indagare in maniera poco scrupolosa. Un omicidio di serie B, appunto.

Dovremo aspettare gli anni ’80 per vedere una maggiore attenzione agli omicidi di persone omosessuali, sia dalla parte degli inquirenti che dei magistrati.

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La notizia in prima pagina.

Il ricordo di chi lo ha conosciuto

La saggista e poetessa Dacia Maraini ricorda il momento in cui ricevette la notizia. Una semplice telefonata, che le fece mollare tutto per tornare a Roma. Nonostante le indagini, non ha mai creduto che il ragazzo fermato fosse l’assassino; mentre Pasolini aveva segni di lotta, Giuseppe Pelosi non aveva nemmeno un graffio. Particolare da considerare, data la prestanza fisica dell’artista; si sarebbe difeso, lasciando il segno sull’assalitore.

Esperienza simile per lo scrittore e attivista Massimo Consoli. Per il ponte dell’1 e 2 novembre era andato a Barletta e scoprì dell’omicidio dal telegiornale, durante un servizio su Pelosi, fermato a bordo dell’auto di Pasolini.

Anche per la scrittrice Fernanda Pivano la teoria dell’omicidio per rapina non reggeva, e parla addirittura di delitto di Stato. Avrebbe voluto portare avanti la sua battaglia, se non fosse intervenuto Angelo Pezzana, attivista torinese, che la fece desistere. In fondo, si trattava  solo di un “omicidio di un omosessuale”.

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Il funerale di Pasolini.

Al funerale, il 5 novembre 1975, furono presenti anche Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano ed Emanuele Macaluso. Visto l’ingente numero di persone presenti, in molti dissero “Ah, ma allora non è morto solo un fr*cio“.

Il rapporto con il movimento gay

Omosessuale dichiarato, Pier Paolo Pasolini è conosciuto per la sua arte. Ma il rapporto con il movimento gay degli anni ’60-’70 era praticamente inesistente.

Angelo Pezzana lo incontrò nel 1972, al termine di un convegno a Torino. Quando gli raccontò del FUORI, invitandolo a una collaborazione, il regista rifiutò. Il motivo: non gli interessava. Per Dacia Maraini, questo rifiuto conferma la linea di Pasolini: non amava le organizzazioni, viveva alla luce del sole la sua sessualità ma la rivendicazione dei diritti e le battaglie non gli importavano. 

Era un cattolico credente, contro la modernità, a favore della divisione dei sessi. L’omosessuale poteva “essere usato” per il piacere sessuale. Non rifiutava la militanza politica, ma non si era interessato a quella per i diritti civili. David Grieco, collaboratore dell’artista e regista, conferma che nonostante vivesse la sua sessualità apertamente, se ne vergognava. Si vestiva da macho, ma non negava l’attrazione per lo stesso sesso.

Quest’ultimo particolare è confermato da una lettera scritta all’amica Silvana Mauri, nel 1950:

Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il peccato, non sono mai venuto a patti con la mia natura, e non mi ci son mai abituato. Ero nato per essere sereno, equilibrato, naturale, la mia omosessualità era in più, non c’entrava con me. Me la sono vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita dentro.

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Pasolini e Moravia.

Le posizioni sulle donne e i Radicali

Anche nei confronti delle donne, il pensiero di Pasolini era alquanto conservatore. Contro l’aborto, vedeva la donna come madre e moglie, sempre una figura secondaria.

Convinto sostenitore del PCI, non perse occasione di partecipare a qualche convegno dei Radicali. La sua presenza non era ben vista, data la sua posizione sul tema diritti, ma secondo Marco Pannella, era una persona molto intelligente e doveva partecipare, perché secondo il politico radicale, bisogna imparare a conoscere chi la pensa diversamente.
Ascolta “Le Radici dell’Orgoglio Ep.#6 – Requiem per un poeta” su Spreaker.

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