LA NASCITA DELL’ORGOGLIO

Il primo Pride Italiano. Era il 1972, a Sanremo. E scaturì dalle proteste per un convegno sulla sessualità, in cui si ipotizzavano elettrochoc e lobotomizzazione per i gay. Ecco la vera storia.

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Nel testo del 1973 Educazione alla sessualità che raccoglie numerosi saggi di autori appartenenti al CIS (Centro italiano sessuologia), un gruppo che promuove tuttora ricerche e corsi di sessuologia per educatori e non, si legge a pagina 24: “Sul tema delle deviazioni sessuali il nostro centro ha promosso un congresso di sessuologia che ha avuto un notevole successo e che si è svolto a San Remo nell’Aprile del ’72. Il congresso durato quattro giorni, ha affrontato i vari aspetti del problema, portando ad alcune conclusioni, ma lasciando ovviamente alcuni interrogativi”.

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Queste frasi del presidente del CIS allora in carica Giacomo Santori sono false. Quel congresso fu un disastro per il CIS e non giunse ad alcuna conclusione. Il convegno non durò quattro giorni bensì tre e fu interrotto dalle proteste veementi di un gruppo di individui. Questi ultimi, gli stessi ‘deviati’ di cui Santori avrebbe voluto parlare, si presentarono al convegno di San Remo e chiesero con decisione di esprimersi personalmente in merito alla loro presunta ‘anormalità’ a scienziati che pensavano di proporre loro una cura

Quei ‘deviati’ erano i primi omosessuali italiani a mostrare pubblicamente il loro volto. Fu il nostro primo Pride. L’orgoglio ferito si ribellò. Cerchiamo di ricostruire brevemente quella storia.

Il 5 aprile 1972 il CIS diede il via ai lavori del congresso di San Remo che prevedeva una tavola rotonda sulla devianza anche per scoprire le cause dell’omosessualità e per proporre alcune terapie per debellarla. Tra gli invitati, ad esempio, ‘l’insigne’ psichiatra inglese Philip Feldmann alla ribalta delle cronache di allora per la ‘terapia d’avversione’. Eccola raccontata attraverso le sue parole: “Si proietta una diapositiva di un uomo nudo visto di spalle davanti ad un omosessuale. Se questi indugia più di otto secondi ad ammirarla riceve una scossa, un piccolo choc, attraverso gli elettrodi applicati ai polpastrelli. Poi la diapositiva dell’uomo scompare sostituita da quella di una bella donna anch’essa nuda. In questo caso l’omosessuale non riceva alcuna scossa.”. Il “senso del dolore” a detta dello psichiatra avrebbe riconvertito il “senso del piacere” verso una sessualità normale. Anche Jefferson Gonzaga avrebbe partecipato ai lavori. La sua proposta di cura era meno violenta: l’omosessuale con una serie di trattamenti ipnotici, che potevano durare anche dieci anni, seguiti dall’incontro con una bella donna compiacente poteva cambiare gusti.

Tra le proposte che il CIS, cattolico, voleva valutare anche la radicale “tecnica Reder” che consisteva “nel produrre una lesione in quella zona del cervello che si chiama nucleo ventricolare mediale” in parole povere una lobotomizzazione leggera.

Il neonato FUORI, Fronte unitario omosessuale rivoluzionario Italiano, che raccoglieva un modesto gruppo di militanti e che era salito alla ribalta delle cronache qualche mese prima del 5 aprile per aver scritto una lettera, firmata con i nomi e cognomi dei militanti, di protesta ad un quotidiano nazionale che aveva bistrattato l’omosessualità decise di agire chiamando a raccolta anche i militanti di altri paesi europei.

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Quella mattina i luminari delle scienze sessuologiche furono accolti da una piccola folla arrabbiata che gridava: “Normali, normali”. Era la ribellione dei potenziali pazienti che oltre a gridare mostravano cartelli con scritte di questo tenore: “Psichiatri siamo venuti a curarvi”, “Psichiatri ficcatevi i vostri elettrodi nei cervelli”, “La normalità non esiste”, “Primo e ultimo congresso di sessuofobia” e così via…

Ogni cartello era una veemente dichiarazione di guerra e i quaranta contestatori presenti erano assolutamente consci che si stava compiendo un gesto storico. Per la prima l’omosessualità lottava a viso aperto. La rabbia era molta.

I congressisti, non troppo lungimiranti ma questo lo hanno già attestato i loro studi, decisero di chiamare la polizia rendendo memorabile l’evento. Le forze dell’ordine sequestrarono i cartelli ai militanti e due di essi furono portati in commissariato.

Il convegno incominciò comunque e tra gli iscritti a parlare si proposero regolarmente anche alcuni contestatori. Angelo Pezzana, presidente del Fuori, aprì le danze con il celeberrimo “Sono un omosessuale e sono felice di esserlo” di fronte ai congressisti sbigottiti. Il giorno dopo intervenne una militante francese che si scagliò contro la sessuofobia. Il terzo giorno ignoti lanciarono fialette di gas derattizzante, che è decisamente puzzolente, nella sala e il congresso fu interrotto.

Dall’altra parte della barricata, sulla difensiva, professori piccoli piccoli ribadivano antichi pregiudizi. Così il professor Capelletti, accademico che si è dedicato alla storia della scienza: “si vorrà almeno ammettere che lo sviluppo naturale del sesso sia nel senso della procreazione…di qui la norma e la relativa devianza…”. Dopo di lui Newman, che critica l’ambiguità di alcuni congressisti e afferma che gli omosessuali non sono dei neurotici bensì degli psicotici. Chiaro no? E così via.

Come detto non fu un successo per il CIS ma lo fu per i gay perché la stampa, ghiotta di fronte a notizie allora considerate pruriginose, diete un’eco molto ampia all’azione di disturbo.

Il FUORI dopo questa vittoria crebbe per numero di militanti e lo spirito di quei coraggiosi militanti trovò spazio per esprimersi nella rivista ufficiale del gruppo intitolata “FUORI!” il cui primo numero uscì nel giugno del 1972. Una frase dell’articolo “Omosessualità e liberazione” ben si presta a raccontare quello che accadde: “Siamo usciti fuori, ma ad una condizione, fondamentale, autenticamente rivoluzionaria: siamo usciti con la pretesa di essere noi stessi, con la volontà di ritrovare la nostra vitale identità…e di colpo, senza soluzione intermedie, senza tappe in momenti o verifiche riformiste, abbiamo scoperto in noi il diritto alla vita, che è prima di tutto il diritto al nostro corpo”.

Solo trent’anni fa incomincia la storia degli omosessuali moderni orgogliosi non della loro scelta sessuale ma di poterla esprimere liberamente, orgogliosi di non doversi nascondere agli occhi carichi di pregiudizi di una normalità che esiste solo nei testi di teologia.

Dopo quel Pride, in ritardo rispetto agli omosessuali americani che si ribellarono il 28 giugno 1969 con la celebri notti di Stonewall, si dovette attendere molto a lungo per manifestazioni gay di vasta portata ma anno dopo anno il movimento e la coscienza di cosa fosse la libertà degli omosessuali crebbe.

Nel 2000 dopo anni di manifestazioni che non raggiungevano i cinquemila partecipanti la grande svolta con una Roma gubilante di mezzo milione di arcobaleni. Oggi un nuovo mese Pride in cui gli omosessuali marceranno anche per ricordare e ringraziare i quaranta coraggiosi di San Remo a cui lasciamo la conclusione con le parole di Domenico sempre su di un numero di FUORI!: “A tutti i compagni omosessuali, che hanno ancora dubbi, paure, incertezze, diciamo: esci fuori! Il rischio è molto spesso immaginario ma se anche fosse reale, non importa. Ad un passo c’è la vita!”.

di Stefano Bolognini

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