La notizia è stata confermata nella giornata del 5 settembre: Liz Truss, ministro degli Esteri e Segretario di Stato durante il governo di Boris Johnson, succederà all’ex-Primo Ministro ponendosi alla guida del partito Tory del Regno Unito. La terza donna Primo Ministro dopo Theresa May e Margaret Thatcher non è stata una sorpresa, almeno secondo i bookmaker inglesi che davano la sua vittoria quasi per certa contro l’altro candidato, Rishi Sunak.
L’eredità di Boris Johnson in termini di politiche sociali non si può esattamente definire esemplare, almeno per quanto riguarda i diritti della comunità LGBTQ+. Criticato da attivisti e associazioni, il suo governo ha alimentato un clima transfobico che il continuo rifiuto a concretizzare leggi a favore della comunità trans* non ha di certo aiutato. Il che significa che, come molti hanno sostenuto, la sua vicinanza alla comunità è stata di sole parole. Ma cosa significa l’arrivo di Liz Truss come capo del governo?
La situazione, almeno per la comunità LGBTQ+, non sembra destinata a cambiare. Già in passato, in qualità di ministro, Liz Truss ha dimostrato di non avere particolarmente a cuore la causa LGBT e di essere contro a questioni fondamentali per le persone trans* come l’autodeterminazione e l’affermazione di genere. Durante i dibattiti politici che avrebbe determinato il nuovo leader del partito Conservatore, poi, è diventato chiaro come le sue visioni, mai esplicitamente dichiarate, siano in realtà anti-LGBT.
Per quanto riguarda la presenza di rappresentanti LGBTQ+ nelle schiere alte del governo, il passato di Liz Truss parla per sé. Aveva infatti promesso che, dopo lo scioglimento del gruppo consultivo LGBT nell’aprile 2021, avrebbe lavorato per crearne uno nuovo. Cosa che, mesi dopo, non si è per niente materializzata. Così come aveva gettato il panico per le nomine dei nuovi commissari del consiglio di amministrazione della Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani. I nomi da lei proposti erano la baronessa Kishwer Falkner, convinta sostenitrice delle critiche di genere, e l’avvocato Akua Reindorf, che aveva escluso due relatori trans* dall’Università dell’Essex.
I am honoured to be elected Leader of the Conservative Party.
Thank you for putting your trust in me to lead and deliver for our great country.
I will take bold action to get all of us through these tough times, grow our economy, and unleash the United Kingdom’s potential. pic.twitter.com/xCGGTJzjqb
— Liz Truss (@trussliz) September 5, 2022
Il problema, però, non sta solo nei personaggi di cui si è circondata negli anni. Un altro argomento su cui le sue posizioni non sono mai state chiare ma per cui il suo comportamento è già una risposta più che loquace sono le terapie di conversione. Argomento caldo nell’opinione pubblica britannica, la cui proposta di divieto siede sui banchi del Parlamento ormai da tempo immemore, era proprio l’ufficio di Liz Truss, quello per le pari opportunità, a doversi esprimere sulla questione. Come sappiamo, però, la promessa fatta dal governo di Boris Johnson di vietare per sempre le terapie di conversione non è stata mantenuta. Che finendo al comando Liz Truss riesca davvero a compiere l’impresa? Non sono in molti a sperarci.
E, continuando a parlare della questione transgender, il nuovo Primo Ministro ha collezionato ben due affondi contro la comunità trans*. Il primo risale al settembre 2020, quando Liz Truss ha annunciato che non avrebbe riformato il Gender Recognition Act, quando gruppi LGBTQ+ e attivisti chiedevano di togliere la clausola per cui, al fine di ottenere il cambio di genere, è necessaria una diagnosi medica che attesti la disforia di genere. L’autodeterminazione sembra davvero esserle nemica, tanto da farle affermare, nell’ottobre 2021, che fosse necessario per le persone trans* dimostrare di essere chi dicono di essere prima di ottenere il cambio di genere legale.
Si potrebbe andare avanti raccontando le varie uscite di Liz Truss sulla comunità LGBTQ+. Le più recenti, che risalgono ai dibattiti contro Rishi Sunak, l’hanno vista proporre che ai minori di 18 anni siano vietate le cure per l’affermazione di genere perché «non dovrebbero essere in grado di prendere decisioni irreversibili sul proprio futuro» e affermare che, secondo la sua personalissima opinione, le donne trans* non sono veramente donne.
Le tragiche politiche sociali di Boris Johnson sono volte al termine, ma la nuova era che sta per aprirsi non pare essere una di grandi cambiamenti e progresso. Semmai, al contrario, Liz Truss è sulla buona strada per continuare nella stessa identica direzione del suo predecessore: tante parole, pochi fatti. E, come spesso accade, a pagarne il prezzo sarà la comunità LGBTQ+.
cover: edit Gay.it – photos sources > by Harry Quan on Unsplash + adnkronos / mantovauno
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