Milano non è una grande città. Probabilmente lo è stata nell’Ottocento – probabilmente lo è sembrata negli anni ottanta. Di questi tempi poi, ovvero nelle settimane della moda femminile, assomiglia piuttosto ad una bambina che si infila gli abiti della mamma per atteggiarsi a gran dama, a coquette birichina, a irreprensibile moglie o a sfolgorante baldracca.
Eppure quando gioca alla moda, Milano lo fa sul serio e sembra averne tutti i numeri: 40 mila persone in arrivo da ogni angolo del pianeta e un giro d’affari di più di 22 mila miliardi basterebbero a rendere l’idea.
Per altro, la "piccola" bambina è cresciuta d’importanza e d’altezza lasciando sua sorella maggiore, Parigi, qualche centimetro più in basso: da parecchie stagioni l’ago della bilancia commerciale continua a pendere verso la sua parte lasciando alla Ville Lumière quel po’ di civetteria femminile che il suo animo pragmatico non può più concedersi: così da una parte si contano i soldi e si chiudono i bilanci; dall’altra si applaude l’estro e ci si concede quel piacere sottile che si chiama creatività.
Il calendario, quest’anno, ha messo alla prova anche gli animali più avvezzi alla moda: le sfilate erano 112 e 80 le presentazioni dislocate per la città, a tutte le ore, a svariati decibel e puntualmente in ritardo.
Le contestazioni sono partite prima della partenza: Fusco si lamentava di essere stato messo all’ultimo giorno delle sfilate mentre alcuni sconosciuti e i soliti potenti avevano posizioni migliori. Gli sforzi della Camera della Moda e le poche alternative hanno poi messo tutto a tacere.
Un altro inconveniente ha guastato un appuntamento a lungo bramato: l’attesa e annunciata apertura del nuovo teatro di Giorgio Armani è stata bloccata da permessi e pendenze e controlli vari.
A tutto si rimedia: e allora apritevi porte del Rolling Stones a Russel Crowe – divo contadino d’Austalia, poco gladiatore e ancor meno rockstar – che ha salvato la situazione infiammando un party come un fuoco di paglia.
Ma torniamo alla creatività: nelle ultime sfilate gli stilisti più che prepararsi per andare in passerella sembrano prepararsi per entrare in borsa.
Il comune denominatore dei défilés è stata la coerenza commerciale con le richieste dei consumatori: nessuno ha tradito il proprio stile e nessuno stile ha emozionato nessuno.
Nel prossimo autunno-inverno le signore si vestiranno soprattutto di nero, pensa che originale: modello danzatrice romantica da Armani con top ricamati e ampie gonne di tulle; baby kissable (tirabaci) con zip leather da Gucci; sirena in jersey con cinturone fermatutto da Versace oppure la solita texana però ad Aspen fasciata di pelle come l’ha voluta Cavalli.
E poi rieccoci con la pelliccia: verissima, girata, colorata, mischiata, da amante dello Yeti o da Zarina pelosa.
Dite, poi, addio alle scarpe: in inverno si metteranno soltanto stivali, bassi e alti, al ginocchio o fin sopra la coscia, preferibilmente neri e di tutte le foggie.
Gran ritorno del denim, il tessuto dei famosi jeans, elevato però da ospite alternativo a prima donna: lo si userà per i cappotti, per le giacche, per i tailleurs e persino come rivestimento delle pellicce.
In ultimo vintage.
Secondo la Signora Miuccia Prada, la Cassandra dello stile, sarà il sinonimo del nuovo lusso: fantasie fiorate un po’ art nouveau un po’ hippy, cappottini e giacchette, mille veli di chiffon e profusioni di nastri decorativi.
Come dire: gli abiti nuovi devono sembrare vecchi, non il contrario.
Sempre secondo Prada, l’accessorio irrinunciabile sarà la mantellina corta portata sopra abiti e capispalla.
Nessun grande gossip: da Blumarine Charlize Tehron appare radiosa ma vestita con lo stesso abito indossato da Silvana Giacobini che, in corner, si salva rimettendosi il cappotto.
Alla sfilata di Cavalli il pubblico viene travolto da una valanga di decibel della colonna sonora: svenimenti, otiti e vertigini non fermano i numerosi applausi nel finale.
Ma la vera notizia viene da una grande assente da parecchi anni: Mina.
Il suo imminente ritorno sembra non dover transitare soltanto tra le fibre ottiche della rete ma anche tra i cristalli liquidi del televisore.
Chi mormora un ritorno con Celentano tra i palinsesti Rai; chi insinua una serie di concerti in teatri studiatissimi in giro per l’Italia: sta di fatto che la Signora Mazzini ha deciso di rifarsi il look dopo avere abbandonato per strada i chili di troppo.
E tutti gli stilisti sono sul piede di guerra come eserciti della salvezza in tempo di pace: qualche anno fa’ era stato Gianni Versace in persona a pensare un abito ad hoc per la copertina di "Cremona".
Oggi, però, sembra che la signora si voglia orientare per qualcosa di più nuovo e alternativo.
Si dice che in una boutique di Fendi, la figlia Benedetta stesse comprando un paio di pantaloni in pelle e piccole borchie taglia 42.
Poi, innocente, chiede al commesso: " Mi da lo stesso modello nella 44?"
"Mi perdoni, signorina" risponde lui "ma le starà larga…"
"Ma no: sono per la mamma!"
E ancora: si racconta che la stessa Mina – magrissima e rediviva – si aggirasse per lo showroom di Stephan Janson chiedendo alle venditrici ipnotizzate qualche consiglio sulle nuove tendenze e sui famosi abiti drappeggiati e annodati dello stilista.
"Certo che so chi è" ha commentato una venditrice "una come Mina non si dimentica facilmente!"
Appunto, mica come le sfilate di quest’anno.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.