TORRE DEL LAGO (Lu) – Non c’è nessuno nel panorama musicale italiano che sappia coniugare la cultura pop con la ricerca meglio di Franco Battiato. Se ne è avuta prova nel concerto che il cantautore siciliano ha tenuto lunedì 2 agosto nel suggestivo scenario del teatro all’aperto di Torre del Lago, prospiciente lo specchio d’acqua che ispirò melodie indimenticabili al compositore Giacomo Puccini. In un’arena stracolma di gente, Battiato ha eseguito brani diversissimi del suo repertorio: dalle sperimentazioni degli anni ’70, alle arie di Beethoven e Brahms, senza dimenticare né le canzoni “spirituali” della sua recente produzione, né i brani più popolari degli album degli anni ’80.
Se infatti il grande successo di pubblico arriva con lavori come “La voce del padrone” o “Orizzonti perduti“, il percorso che porterà Battiato a scrivere opere meno comuni nel panorama pop italiano, come “L’imboscata” o “L’ombrello e la macchina da cucire“, inizia molto presto, intorno agli anni ’70. E’ in questo periodo che l’interesse per la cultura orientale, la frequentazione con la scuola di Gurdjeff prima e con quella sufista poi, portano Battiato ad una musicalità più complessa, raffinata. Così non sorprende che la curiosità e la voglia di sfida di questo singolare autore, lo abbiano portato persino a comporre opere come “Gilgamesh” o “Messa arcaica“, che si nutrono delle sue sperimentazioni precoci per regalare momenti di alta poesia.
Il pregio di Battiato, tuttavia, è anche quello di sapere e di volere nutrire la sua produzione pop con la forza della ricerca musicale: anche brani come “Gli uccelli” o “La stagione dell’amore” si possono prestare ad una esecuzione quasi cameristica, come quella utilizzata nel tour, in cui si serve solo dell’accompagnamento di un quartetto d’archi, di Carlo Guaitoli al pianoforte a coda e dell’inseparabile Angelo Privitera alle tastiere e computer. Un ensemble dalla forte connotazione acustica, che rinuncia quasi sempre alle percussioni, avvalendosi magari dell’apparizione della “guest star” Manlio Sgalambro, nel ruolo di voce recitante, o anche di cantante con la sua personalissima versione di “La Mer” di Charles Trenet.
Ma è indubbiamente la voce di Franco Battiato a fare da protagonista, soprattutto nella prima parte del concerto, in cui si presentano i prodotti più intensi della sua ricerca musicale, modulata su percorsi spirituali ed esperienze con la musica classica ed etnica. Qui, persino i brani che negli album sono presentati con arrangiamenti ricchi di soluzioni computerizzate, rinascono nella versione acustica che sottolinea le finezze di una voce unica nel suo genere. I pianissimo e le risonanze dell’interpretazione di Battiato in più punti commuovono la platea: e dispiace quasi che nei ripetuti bis del finale rinunci a queste qualità per accontentare il pubblico con una esecuzione forsennata dei suoi brani più noti, in molti dei quali la voce della platea sovrasta quella dell’autore. D’altra parte lo ammette lui stesso, scherzando con gli spettatori, che questo genere di esecuzione è “vergognosa”, e conclude: “contenti voi…”
Oltre ai successi più o meno noti del suo repertorio, Battiato ha presentato anche due brani degni di nota: il primo, intitolato “Stage door“, poco noto al pubblico perché pubblicato solo all’interno dei CD singoli di “Shock in my town” e “Il ballo del potere”, viene presentato da Battiato come uno “dei meglio riusciti del mio repertorio”. Il secondo, “La porta dello spavento supremo“, è una canzone dura, sia nella struttura musicale che nei testi, scritti a quattro mani con l’inseparabile Sgalambro, tratta dal suo prossimo album “Dieci stratagemmi“, in uscita nel novembre 2004.
Certo un solo brano è un po’ poco per giudicare, ma c’è da aspettarsi, nella prossima stagione, un altro ottimo lavoro da uno degli autori più ispirati della musica popolare italiana.
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