“Gerontophilia”, l’amore (artistico) di Labruce si chiama Lajoie

Lo sperimentatore anarchico canadese resta accecato dalla grande bellezza di Pier-Gabriel Lajoie e filma una commediola tenera ma un po’ scialba sulla storia d’amore tra un giovane e un anziano.

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Pur essendo uno dei massimi trend cinequeer, l’amore senescente gay o lesbo, inondato di premi (“Il cerchio”, ‘Cloudburst’, ‘Felice chi è diverso’), resta comunque ancorato a un massimo tabù espressivo: l’eros. Gli anziani non fanno sesso, non si eccitano, hanno dimenticato i piaceri della carne? La scopa? Un gioco quieto, spesso annoiante. Non sfugge alla categoria neanche il poco riuscito “Gerontophilia” di Bruce Labruce, uscito in Francia e in prossima circuitazione nei festival queer italiani.
Peccato. Perché lo spirito punk, urticante, non allineato di Labruce ci faceva sperare che la ragnatela di ammirazione un po’ pietistica che avvolge di solito il ‘genere vecchi’ fosse squarciata dall’irriverenza anarchica del monello di “L.A. Zombie” e “Hustler White”. Invece no. E non è un bel segno.

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“Gerontophilia” è infatti una commediola indie, inerte e innocua, che ha un’unica ragione d’essere, e in essa probabilmente il faro accecante che ha ‘convertito’ lo spirito ribelle, underground e sperimentalista di Labruce nella fossa della compiacenza convenzionale occhieggiante a un pubblico sicuramente più ampio ma a cui offre ben poco (che la difficoltà di trovare finanziamenti l’abbia portato ad ‘ammorbidire’ un soggetto sicuramente scabroso? “Gerontophilia” è in effetti il film più costoso di Labruce). Questa ragion d’essere si chiama Pier-Gabriel Lajoe, è un fascinoso attore québécois teatrale e televisivo (la serie “30 Vies”), giocatore di hockey nella squadra del Cowansville, probabilmente il più bell’ovale in assoluto del cinema queer contemporaneo e taglio d’occhi da cerbiatto contemplante. Ipotizziamo che Labruce si sia follemente invaghito (artisticamente) di questo contesissimo ragazzo dall’aria angelica, amico di Gus Van Sant (su ‘Têtu’ Lajoie racconta di non avere mai visto un film intero di Labruce, di pranzi a casa del regista di ‘Milk’ e concerti insieme su Hollywood Boulevard: “Gus è molto zen, calmo, non dice mai una parola di troppo”).

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In ‘Gerontophilia’ Lajoe incarna con una certa convinzione il diciottenne Lake che in una casa di riposo s’innamora dell’ottantenne Mr. Peabody (Walter Bordem, bravo ma quasi in ‘ombra’ rispetto al giovane Lake) col quale farà un ultimo, liberatorio viaggio dalla parte opposta dell’oceano. Il problema è che la sceneggiatura è scialba, Labruce non approfondisce il rapporto psicologico tra i due (col solito cascame dei cliché vecchio-giovane equivalenti a padre mancato-figlio non cresciuto) e sottovaluta la ricchezza interiore di Mr. Peabody, che resta solo abbozzato, per riprendere con carezzevole adorazione corpo e volto – soprattutto pelle – del delizioso Lajoe. E la scena di gelosia al bar gestito dalla transessuale non è plausibile anche se è l’unica che ha un minimo di potenza espressiva. Lake può ricordare vagamente Mark Ewert, amico di Labruce e amante adolescente di Ginsberg e Burroughs (di quest’ultimo fu l’ultimo compagno), apparso nel corto di Gus Van Sant “Four naked boys and a gun” (e qui il cerchio si chiude).

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“Nel corso degli anni ho incontrato un certo numero di giovani con la fissazione feticistica di avere relazioni con persone anziane, e questo mi ha sempre incuriosito – spiega Labruce -. Ho ascoltato storie, la maggior parte delle volte di uomini giovani per i quali la prima esperienza sessuale era stata con un uomo sulla sessantina o anche più. A volte si tratta di una cosa occasionale, ma in alcuni casi questo feticismo sembra persistere. Per “Gerontophilia” ho voluto creare un personaggio con alcuni di questi impulsi, ma che non lo facesse per soldi. L’ho perciò rappresentato come una specie di santo. I miei film, non importa quanto estremi o pornografici, sono sempre attraversati da un’intensa vena romantica. Che si tratti del rapporto tra un parrucchiere e uno skinhead, o tra uno spacciatore e un puttaniere, le unioni sono sempre sentimentali e romantiche, anche quando c’è di mezzo un feticcio, un tabù molto particolare e, a volte, estremo. Ho sempre giocato in modo piuttosto ironico con le convenzioni della commedia romantica. Con “Gerontophilia” sono andato ancora più a fondo nell’usare queste convenzioni, ricorrendo all’ironia in modo più sottile”.

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Un’ulteriore ossessione di Labruce, però, resta comunque la prostituzione maschile, che qui suona comunque dissonante, perché fa pensare che gli anziani debbano spesso pagare per avere compagnia maschile (il personaggio sfuggente del collega di Lake), immiserendo così la carica emotiva del film a cui non si può negare, comunque, una certa tenerezza e una sussurrata dolcezza che potrebbero permettergli di arrivare a un pubblico più vasto rispetto all’audience queer.
Ma speriamo soprattutto che il Labruce scalmanato e creativo che ci piace molto di più non sia morto e sepolto.

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