Pelo Malo, l’intenso ritratto gender del bimbo riccio che vorrebbe i capelli lisci
Esce finalmente in sala, grazie alla piccola ma combattiva casa di distribuzione calabrese CineClub Internazionale, l’intenso film venezuelano ‘Pelo Malo’ di Mariana Rondon, vincitore l’anno scorso del Festival di San Sebastian e di ben quattro premi al Torino Film Festival.
Non si può restare indifferenti davanti alla forza emotiva di questo ritratto agrodolce di una famiglia venezuelana composta da Marta, una giovane mamma vedova con un bambino di nove anni, Junior (Samuel Lange, una vera rivelazione) e un altro figlioletto ancora lattante. La vita in un desolante casermone-alveare alla periferia di Caracas non è delle più facili: Marta ha appena perso il lavoro come vigilante e Junior è una sorta di piccolo “Re della Terra Selvaggia” dai capelli crespi che tenta di lisciare in tutti i modi – con colpi di phon, olio e maionese – per assomigliare il più possibile al suo idolo musicale, il cantante venezuelano Henry Stephen, autore dell’amatissima hit “Mi limon, mi limonero”. Ma la mamma teme che Junior possa diventare gay visto che adora “gli occhi grandi” del caciottaro da cui Junior va a fare spese e chiede consiglio al medico: “Sarà frocio, soffrirà?”.
Questi le consiglia di portare in casa “una presenza maschile che faccia da modello” ma la sciagurata si presenta col suo datore di lavoro e fa sesso con lui davanti al povero Junior. Gli unici che lo comprendono sono l’amica cicciottella ossessionata dall’elezione di Miss Venezuela e l’adorata nonna Carmen (Nelly Ramos) che pagherebbe persino per farselo affidare e asseconda la passione musicale del bimbetto preparandogli un abito identico a quello di Stephen.
“Pelo Malo” è un film profondamente gender perché non si sottolinea, in senso militante, la femminilità di Junior che cerca di emergere e affermarsi a livello identitario ma anzi, se ne evidenzia l’ambiguità di genere, in cui l’elemento maschile non è ‘soffocato’ ma convive con gli aspetti più femminei (a Junior non piace l’abito perché è ‘da femmina’ e cerca di comportarsi in casa come un pater familias). E non sapremo mai se Junior diventerà gay o no, ma non è questo il punto: nell’affermazione di sé a volte è necessario il compromesso e la splendida scena in stile “La moglie del soldato” in cui la madre lo ricatta proponendogli la rasatura totale della testa lo dimostra in maniera esemplare.
È inoltre ammirevole il profondo scavo psicologico con cui si analizza il rapporto conflittuale tra madre e figlio, vero cuore del film e scevro di ogni stereotipo sull’argomento. A questo proposito la regista ha dichiarato: “Ho voluto mettere in dubbio l’amore materno: è una questione istintuale o un dovere incondizionato? Le emozioni non sono un dovere”.
Il nuovo Dracula è gay o, meglio, chi lo interpreta: l’attore gallese Luke Evans
In Italia l’attore gallese Luke Evans, dichiaratamente gay, non ha ancora sfondato (in “Tamara Drewe” e “The Raven” non aveva obiettivamente lasciato il segno) ma l’occasione giusta potrebbe essere questo insolito “Dracula Untold” di Gary Shore in cui il principe dei vampiri diventa una sorta di supereroe fantasy. Delle gesta del leggendario guerriero romeno Vlad III di Valacchia, detto l’Impalatore, scopriamo gli antefatti: Vlad riceve la visita di un emissario del sultano Mehmet II che chiede un tributo di mille giovani da trasferire nell’armata turco, tra cui anche il figlio di Vlad. Il guerriero si ribella e fa un patto col misterioso stregone Cazan che lo trasforma in un vampiro. Aspettiamoci quindi più dramma storico e meno morsi horror-splatter. È la prima volta che Dracula viene interpretato da un attore apertamente gay. Luke Evans aveva già parlato della propria omosessualità nel 2002 in un’intervista dal titolo “Breaking the Taboo” sul mensile The Advocate: “Tutti sapevano che ero gay, e nella mia vita a Londra non ho mai cercato di nasconderlo”.
La Spia – A Most Wanted Man, l’addio a Philip Seymour Hoffman tratto da Le Carré
Philip Seymour Hoffman, quanto ci manca. Ecco la sua ultima interpretazione nell’action thriller politico “La Spia – A Most Wanted Man” di Anton Corbjin tratto dal maestro letterario del genere nonché ex agente segreto John Le Carré (nome d’arte di David John Moore Cornwell). Il compianto attore statunitense interpreta il ruolo di Günther Bachmann, a capo di una piccola organizzazione antiterrorista con sede ad Amburgo. Il giorno dopo gli attentati dell’undici settembre 2011, Issa Karpov, un misterioso uomo di origine russo-cecena, approda nel porto di Amburgo per recuperare il denaro che il padre, criminale di guerra senza scrupoli, aveva accumulato nel tempo. Toccherà a Bachmann scoprire se Issa è un pericoloso terrorista oppure no, con l’aiuto spesso ambiguo di una giovane avvocatessa idealista e un banchiere britannico. Nel cast d’alto livello spiccano i nomi di Willem Dafoe, Robin Wright, Rachel McAdams e Daniel Brühl.
“Non saprei da che parte iniziare quando penso a ciò che ci ha lasciato in eredità, che è immenso sia per portata che per profondità – sostiene il regista a proposito di Philip Seymour Hoffman -. Ma questo già dice molto sulle sue scelte. Era il miglior caratterista che io riesca a immaginare e, se si pensa anche solo ai suoi ruoli minori, quelle sole performance lo distaccano dai suoi contemporanei. La sua forza consisteva in un’immersione totale nel ruolo ed in una completa assenza di vanità. Al contempo, odiava ciò che amava, che era la sua maledizione. Si faceva a pezzi per le sue interpretazioni”.
“Annie Parker”, la lotta al cancro in un dramma tutto al femminile
Dramma al femminile tratto da una storia vera, “Annie Parker” di Steven Bernstein racconta con una struttura da docufilm la doppia lotta della paziente Annie Parker (Samantha Morton) e della dottoressa Mary-Claire King (Helen Hunt) per riconoscere l’ereditarietà genetica in alcuni tipi di cancro. Siamo negli anni ’60, e gli studi in questo campo sono pioneristici: ma quando Annie vede morire prima la madre e poi la sorella, e scopre un nodulo al seno, inizia a combattere contro l’establishment medico che nega il fattore ereditario. Finché non incontra la dottoressa King.
La critica ha osannato l’interpretazione di Samantha Morton che potremmo ritrovare a gennaio tra le nominations dei prossimi Oscar. Una parte degli incassi del film saranno devoluti all’associazione Susan G. Komen per la lotta ai tumori al seno.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.