Gabriele Piazzoni, nuovo segretario di Arcigay: l’intervista

Le novità dal congresso, il ddl Cirinnà, l'omofobia, la salute di Arcigay e l'HIV

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Gabriele Piazzoni ha 31 anni e viene da Crema, una cittadina in provincia di Cremona. E’ stato eletto nell’ultimo Congresso di Arcigay nuovo Segretario Nazionale, con compiti e responsabilità diverse rispetto al passato e più importanti. E’ presidente di una cooperativa che si occupa di organizzare eventi. Fino a qualche mese fa era coordinatore di SEL per la provincia di Cremona e componente della Segreteria regionale della Lombardia come responsabile Organizzazione. E’ stato presidente, fino a questo nuovo incarico come Segretario nazionale, dell’Arcigay di Cremona. Ha collaborato con la Camera dei Deputati. Gay.it lo ha intervistato.

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Ciao Gabriele e innanzitutto complimenti per la tua elezione nel Congresso di Arcigay che si è recentemente tenuto a Napoli. Provi a spiegare in parole semplici ai nostri lettori di cosa avete discusso?
Abbiamo messo a punto il lavoro per i prossimi 3 anni. Abbiamo 4 grandi priorità: la legge per l’uguaglianza delle nostre coppie, il contrasto all’omofobia, il ritorno alla mobilitazione, la difesa della scuola libera e laica. E la grande sfida della partecipazione degli italiani alle nostre battaglie. Arcigay ha inoltre discusso discusso di intersessuali, totalmente invisibili in Italia e costretti dal nostro sistema legislativo e culturale a una violenta ricollocazione nel binarismo sessuale, e approfonditamente di tutti gli aspetti legati alla salute e al benessere delle persone LGBTI. Mi piace ricordare anche le discussioni della commissione politica su fenomeni come quelli delle sentinelle in piedi e dei movimenti antigender, che da tempo ormai imperversano nelle realtà locali.

Ci pare di capire che una delle “svolte” decise nel congresso sia stata una maggiore presenza dell’associazione nei mezzi di comunicazione. La tua nomina, con maggiore responsabilità politica, va in questa direzione?
Non è solo una questione di visibilità, Arcigay è già un’associazione riconosciuta a tutti i livelli, quanto di efficacia dell’azione comunicativa, della possibilità che alla comunicazione facciano seguito azioni concrete. È anche il frutto di una nuova fase sociale: gli italiani chiedono cambiamento a tutti i livelli e noi da subito diciamo una cosa: abbiamo chiesto a Matteo Renzi meno tweet e più voti sulle cose che stanno a cuore alla nostra gente. Si parla tanto di riforme, quelle per le persone LGBTI renderebbero questo paese migliore e più accogliente per tutti.

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Quindi, per spiegare meglio ai lettori, dopo la “sbornia comunicativa” – a volte anche oggetto di critiche – degli anni 1990-2000 in cui Arcigay era spesso al centro del dibattito politico e questo ultimo decennio in cui Arcigay è stata più impegnata sul territorio e sulle persone, ora state cercando una via di mezzo?
Arcigay è una grande realtà associativa: quest’anno abbiamo festeggiato i suoi 30 anni, un periodo di tempo in cui, in Italia, è cambiato tutto. Ogni stagione ha avuto le sue necessità di comunicazione, le sue strategie e la sua iniziativa politica e io penso che tutti coloro che hanno guidato prima di me l’associazione abbiano svolto il loro impegno nel migliore dei modi possibile. La fase attuale ci chiede una sola cosa: essere presenti in tutti i luoghi dove c’è una persona LGBTI che ha bisogno di sostegno, di tradurre e raccontare alla politica e all’opinione pubblica questi bisogni e di giocare un nuovo ruolo politico nelle piazze, nelle strade del Paese: è il nostro modo per influire in modo autonomo e incisivo sul Palazzo.

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Parliamo di unioni civili. Credi che ci arriveremo? Quali sono le tue previsioni? E cosa farà Arcigay per sostenere il ddl Cirinnà?
La battaglia per il “matrimonio per tutti” è la nostra battaglia. Come abbiamo detto più volte, il ddl Cirinnà non è la legge di Arcigay, ma riguarda la vita dei gay e delle lesbiche di questo Paese. Per questo vogliamo accompagnarla nel suo iter parlamentare.

Nel ddl Cirinnà c’è la stepchild adoption, oggetto purtroppo di critiche anche da parte di alcuni “progressisti” e di una pessima campagna comunicativa contro le “adozioni gay” (che sono ben altra cosa). E’ un elemento irrinunciabile?

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Sul testo che conosciamo finora non arretriamo, intendo quello con stepchild adoption e reversibilità della pensione. Abbiamo già visto dieci anni fa, con i Dico, che la trattativa al ribasso non paga. Noi rappresentiamo le persone LGBTI di questo Paese e le loro famiglie, i loro interessi, i loro bisogni. Bisogna intendersi su un punto: nella vita delle coppie di gay e lesbiche la genitorialità è già un fatto, non solo una possibilità. E questo fatto va gestito nella consapevolezza che dietro i cavilli delle leggi ci sono le persone, in questo caso i figli e le figlie delle persone lesbiche e gay che non devono essere “diversi” per legge. Si tratta di dare tutele a famiglie che esistono da tempo e vivono le proprie gioie e i propri affetti come qualsiasi altra famiglia. Il fatto che poi questo tema rimanga incastrato nel dibattito sulla gestazione per altri ( prevalentemente utilizzata dalle coppie eterosessuali),è un trappola cercata da una parte della politica per spostare il dibattito su un tema che non è nemmeno lontanamente oggetto di discussione nella legge sulle unioni civili che è stata presentata, ci piacerebbe poter parlare di adozioni (dice bene: sono tutt’altra cosa) e di continuità affettiva nei casi di affido: Il tema è che qualcuno vuole calpestare deliberatamente il diritto di un bambino che cresce in una coppia omogenitoriale a ricevere le tutele che spettano a qualunque bambino o il diritto di un bambino in affido a un uomo o a una donna single di essere adottato da quella stessa persona. Questo scontro si sta giocando sulle pelle dei bambini, e questo è inaccettabile.

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Concordi con chi sostiene che per facilitare l’approvazione del ddl Cirinnà e togliere armi ai cattointegralisti andrebbe data più voce alle tante coppie gay e lesbiche senza figli che poi, immagino, siano la stragrande maggioranza?
Dietro le campagne di comunicazione ci sono le storie, i volti, gli affetti e la vita delle persone. Noi vogliamo raccontare tutte queste esperienze, dare voce a tutte le voci e a tutte le richieste. Il nostro compito è tutelare ogni singola persona LGBTI che venga discriminata o esclusa. Non ha senso armare un conflitto interno tra coppie con i figli e coppie senza figli. Va detto chiaramente: il problema del dibattito sul riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso è la nostra classe politica, non le nostre famiglie. In nessuna parte del mondo questo dibattito ha prodotto questi distinguo.

Gabriele Piazzoni, nuovo segretario di Arcigay: l'intervista - omofobia stop base - Gay.it

Parliamo di omofobia. La legge non c’è ed è ferma in Parlamento ma qui a Gay.it registriamo almeno comunque molti casi di omofobia quotidiana, a volte anche violenta. Come rilanciare questa battaglia?
Avete ragione, l’omofobia, così come la transfobia, è un grande tema nazionale. Oggi ci indigniamo di fronte alle offese razziste e giustamente le combattiamo. Bisogna arrivare a fare lo stesso se l’odio è a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere. Omofobia e transfobia vanno combattute in ogni luogo a partire dalle scuole fino ai luoghi di lavoro, gli uffici, le fabbriche e la società. Su questo tema sembra che i riflettori si siano spenti, eppure le segnalazioni che riceviamo da tutte le città d’Italia sono numerosissime e il dato più allarmante è che solo 1 persona su 20 che subisce un’aggressione ha il coraggio e la forza di denunciare. Lanceremo presto una nuova mobilitazione nazionale per tornare a chiedere, a tutti i livelli istituzionali, misure, azioni, servizi e provvedimenti concreti. Come dicevo prima, il tempo delle parole è finito.

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Ieri era il 1° dicembre, giornata mondiale contro l’AIDS. Siete sempre impegnati sul tema della prevenzione dell’HIV? Che messaggio pensi sia importante lanciare ai nostri lettori?
Per l’1 dicembre i nostri comitati sono stati impegnati a fare il test rapido per l’Hiv, nell’ambito del progetto ProTest. con stand e banchetti presso i luoghi di ritrovo della comunità LGBTI, sotto la supervisione del personale sanitario, in modo rapido e sicuro. La riduzione del numero di persone sieropositive inconsapevoli è il primo passo per il controllo della diffusione della malattia, unito al contrasto dello stigma discriminatorio dal quale sono colpite le persone sieropositive. Il messaggio importante è: fate il test, non abbiate paura. “L’unica differenza è non saperlo”, dice il nostro slogan. Ed è proprio così: oltre il 70% delle diagnosi di Aids è inconsapevole, non sapeva di essere sieropositivo. Questo dato va aggredito assolutamente perché è strettamente connesso con la percezione del rischio.

Anni fa si parlava di una federazione nazionale delle associazioni LGBT, sulla scia dell’esperienza di altri paesi dove l’unione ha portato risultati importanti come in Spagna. A che punto siamo? Il progetto è sempre in piedi?
La grande sfida per il futuro del movimento è migliorare le nostre capacità di coordinamento e collaborazione a tutti i livelli, locale e nazionale per raggiungere i nostri obiettivi. Penso alla bellissima esperienza dei Pride, dove le città che hanno ospitato questo evento negli ultimi anni, hanno costruito dei coordinamenti capaci di lavorare insieme e mettere da parte divisioni inutili. Questo è un buon modello su cui riflettere.

Gabriele Piazzoni, nuovo segretario di Arcigay: l'intervista - arcigay associazioni pride BS - Gay.it

Chiudiamo sull’associazione. Quale è lo stato di salute di Arcigay sul territorio? Avete molti circoli… quanti di questi sono attivi e quali iniziative, quali best-practices meritano essere particolarmente segnalate?
Arcigay gode di buona salute: abbiamo 55 circoli territoriali e 3 nuovi che si stanno costituendo. Significa centinaia di iniziative e progetti in tutta Italia: gruppi aggregativi e anche servizi di assistenza e tutela con avvocati, medici, psicologi, numeri di ascolto. Significa tanta cultura, mettere in rete migliaia di persone, di volontarie e volontari che rappresentano la nostra risorsa più grande e più bella.
Nei circoli Arcigay si producono festival internazionali (Gender Bender al Cassero di Bologna e FestivalMix al CIG di Milano), si mettono in campo progetti contro l’omofobia nelle scuole (il progetto scuola di Arcigay Friuli Venezia Giulia ha ricevuto riconoscimento ministeriale), si assistono le persone LGBTI migranti che chiedono asilo nel nostro Paese, si attivano gruppi di giovani e giovanissimi, una rete di sostegno fondamentale per chi si trova nella fase della vita in cui si esplorano i temi dell’orientamento sessuale e dell’identità. Non solo: Arcigay da sempre accoglie e sostiene le storie di discriminazione o violenza a stampo omotransfobico. Ma soprattutto Arcigay, nei suoi presidi territoriali, tenta di cambiare il Paese, lavorando con le istituzioni e la società civile: come non citare il ruolo giocato da Arcigay a Palermo, Catania, Messina, Siracusa, Ragusa nello straordinario enpowerment della comunità LGBTI siciliana, con riflessi diretti nelle politiche delle amministrazioni comunali. E come non parlare dell’esperienza di Arcigay Napoli, del rapporto costruito con la giunta De Magistris e dei benefici che le persone LGBTI ne hanno tratto in termini di riconoscimento, tutele, opportunità. Esperienze come queste stanno ribaltando lo stereotipo culturale di un sud arretrato: lo abbiamo sotto gli occhi, dobbiamo prestare attenzione. E nel contempo ci sono territori come il Veneto o Perugia in cui Arcigay è impegnata in un tenace corpo a corpo con amministrazioni locali della peggiore destra europea: lì la resistenza degli attivisti e delle attiviste è pressoché quotidiana e lavora tanto nelle piazze quanto negli spazi di sensibilizzazione e controinformazione.

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