Compratelo di venerdì sera, se il sabato non lavorate, o comunque, quando siete sicuri di avere davanti tutto il tempo che vi servirà a finirlo. Perché una volta che avrete iniziato a leggere “Da quando Ines è andata a vivere in città”, primo esperimento narrativo di Dario Accolla (Zona Editrice, collana ZonaContemporanea, 2014 pp. 108), sarà difficile chiuderlo prima di essere arrivati alla fine. È vero: è una raccolta di racconti. Ma c’è un filo che li lega l’uno all’altro e che non si può spezzare.
È il filo del coraggio che serve per incontrare il dolore di Ines, che insegue una verità che nessuno conosce ancora; le cicatrici e la forza di Carmen che, compiutasi, affronta il suo passato e lo domina, insieme a Laura che ha ancora addosso quello che resta di una storia che l’ha travolta e che poi l’ha lasciata con le spalle al muro; l’attesa di Giorgio per quell’unico giorno all’anno che riempie di senso e di tenerezza tutti gli altri; l’angoscia di Eva che non sa ancora che quell’incontro la libererà e la farà rinascere; il tentativo spasmodico di un uomo che tenta di far rinascere il suo mondo, ogni giorno come fosse il primo; e infine la paura, quella che impedisce di cedere al desiderio, perché quel maledetto foglio di carta non ha ancora decretato che ne sarà.
Serve coraggio. Un coraggio che, alla fine, riceve la sua ricompensa nei due amanti che si ritrovano alla fine dei tempi in un altro mondo che si fa beffe, finalmente, di dogmi e tavole della legge, un mondo “felice per sempre”. E la ricompensa si completa, com’è inevitabile che sia, strappandovi una risata, mentre guardate un bastone che tira giù dalla vite un succulento e “peccaminoso” grappolo d’uva. Di nascosto, certamente.
Racconti punteggiati di frammenti di anime, quelli della playlist (come la definisce l’autore) del libro, di vite, di storie che potreste aver vissuto o che potreste incrociare in qualsiasi momento, narrate senza mai invadenze, senza pesantezze, senza dettagli di troppo, neanche nelle schegge più dure.
Un linguaggio fluido come le macchie di colore e denso come il miele, parafrasando il libro stesso, accompagna dalla prima all’ultima pagina, descrivendo odori, colori, sapori, orizzonti e sguardi al
punto che non potrete non avere la sensazione di averli già visti e provati voi stessi, anche se in quell’isola, la Sicilia, e in quelle città non ci siete mai stati, anche se quegli sguardi non li avete (ancora) incontrati. E lo fa di volta in volta con un ritmo netto, che definisce le sensazioni scandendole, o più liquido (ma mai complesso), che conduce attraverso l’evoluzione di un momento, di una sequenza di emozioni.
Leggetelo, se avete il coraggio. Prendente questo libro in mano, in un week end d’autunno, accompagnatelo con qualcosa che vi scaldi le ossa, perché al resto ci pensa “Da quando Ines è andata a vivere in città” .
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