Due cose ci preoccupano alquanto in queste ore: l’incredibile sicurezza della Chiesa cattolica, i cui vertici che avevano lavorato molto nelle scorse settimane – pubblicamente ma ancor più nei canali riservati -, improvvisamente stanno tacendo e il fatto che il Ministro degli Interni, Angelino Alfano, e quella della Sanità, Beatrice Lorenzin, in questi giorni, a partire dal dietro front di Beppe Grillo, abbiano utilizzato posizioni più concilianti nei confronti del loro alleato di governo, il PD. Ed allora diventa anche possibile leggere il palese nervosismo di Roberto Formigoni che, con le sue posizioni oltranziste, si è lasciato scappare qualche epiteto di troppo nei confronti della nostra comunità, come la dimostrazione che le cose gli stiano scappando di mano e che, dopo il dietro front del leader 5 Stelle, l’accordo PD-UDC sulle unioni civili sia quasi dietro l’angolo.
Insomma, il dietro front di Beppe Grillo, per quanto ridimensionato a soli 3 deputati, fonti bene informate ci dicono abbia fatto più danni della grandine, perché ha reso la discussione sul ddl Cirinnà ancora più partitica di quanto già non lo fosse: il vero obiettivo del leader del M5S pare infatti sia indebolire Matteo Renzi ed il suo governo. E così i parlamentari, che prima ed ancora in questo momento al Senato, dibattevano di unioni civili e stepchild, oggi sono inevitabilmente costretti a parlare di alleanze e di posizionamento rispetto a Grillo, Renzi ed Alfano: ed ancora una volta, come la storia passata ci insegna, i nostri diritti rischiano di essere schiacciati dalla terribile tenaglia dei giochi politici, dal “io voto contro di te o a tuo favore non tanto perché sia contro o favorevole alle tue istanze, ma perché mi fa gioco far così”. Ed una lettura dell’avanti tutta di Matteo Renzi vada in realtà letto certamente come una risposta alla sfida di Grillo e come un mero mantenimento della posizione per ragioni politiche, ma anche la certezza che i numeri al Senato sulla stepchild siano sempre più in bilico.
I numeri. Quelli contano. E quelli vanno soprattutto contati non tanto sul foto finale al ddl Cirinnà, che si può dare quasi per scontato, ma soprattutto sugli emendamenti scivolosi all’articolo 5, quelli che la stepchild la limano, la subordinano a due anni di pre-affidamento, la differenziano da quella della legge 40, ne affidano pilatescamente la scrittura al Governo o addirittura la stralciano. Su questi, la conta dei senatori parla chiaro: la maggioranza è realmente in bilico, specie col voto segreto. Vediamo perché.
Sono circa 30 i senatori “malpancisti” del Partito Democratico: ad oggi questo è un dato pressoché certo e dagli interventi in aula questo elemento sta apparendo in tutta la sua chiarezza, perché questi sono intervenuti tutti quanti per i propri distinguo, per difendere questo o quell’emendamento. Fonti riservate ci assicurano pure che dei 19 “verdiniani”, sono 5 o 6 estremamente dubbiosi alla stepchild, vulnerabili a qualche emendamento dove, nel segreto dell’urna, possano esprimere le proprie personali perplessità. E sempre fonti riservate ci dicono che la fronda nei 5 Stelle è tutt’altro che arginata e limitata ai 3 senatori che hanno avuto – chi più, chi meno, quasi tutti meno – il coraggio di esprimere i loro dubbi sulla stepchild, ma arrivi anche a 10. Qualche defezione è attesa anche tra gli autonomisti e con questi numeri la situazione è realmente 50-50, specie sui voti segreti che il presidente Grasso dovesse autorizzare: con queste possibili defezioni, infatti, il ragionevole conto di ieri fatto dal Corriere della Sera (181 favorevoli, 140 contro) scende a circa 166 senatori a favore e 155 contro: troppo piccola la differenza per dormire sonni tranquilli.
Va letto anche in questa chiave l’allarme che nel primo pomeriggio di oggi i venti senatori a sinistra del PD hanno lanciato: non assicurano nessun voto favorevole al ddl Cirinna’ nel caso in cui saltassero le stepchild adoption. Ha dichiarato ad esempio la toscana Alessia Petraglia: “è necessario capire cosa cosa succederà alla legge, quale sarà il testo finale e sulla base di questo, dopo un confronto pubblico con le associazioni” per i diritti lgbt “che chiedono di non snaturare il ddl, decideremo.”. Ed ancora: “Le associazioni lgbt hanno firmato un appello dove dicono ‘attenzione, senza stepchild la legge non ha più senso’”, anche se non si capisce con quale associazione lgbt abbia parlato e a quale appello faccia riferimento. Ma tant’è, questo mettere le mani avanti ci piace davvero molto, molto poco.
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