L’intervista rilasciata da Renzi ad Avvenire domenica scorsa ha riacceso il dibattito interno alla maggioranza di governo sulle Unioni Civili. Se ieri la relatrice del DDL , la senatrice del PD Monica Cirinnà auspicava che la discussione sul testo rimanesse in commissione e che su quello ci fosse la compattezza del suo partito, nelle ultime 24 ore gli alleati di governo dell’NCD non hanno mancato di cogliere l’occasione per tornare all’attacco non del matrimonio o delle adozioni, ma proprio del testo Cirinnà.
Primo fra tutti Carlo Giovanardi che alle agenzie ha dichiarato di avere chiesto in Commissione Giustizia “la sospensione del dibattito sul testo delle Unioni Civili sul quale non soltanto senatori di vari gruppi ma anche il viceministro Enrico Costa hanno sollevato seri problemi di costituzionalità”.
“La sospensione è in qualche modo obbligata dopo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi – ha incalzato Giovanardi – ha annunciato sul quotidiano della Cei Avvenire la presentazione in settembre di un disegno di legge governativo sulla stessa materia. Il Governo deve però sapere che per quanto ci riguarda sono inaccettabili proposte come quella della Cirinnà che intendano sostanzialmente parificare il matrimonio dell’art. 29 della Costituzione con unioni riguardante persone dello stesso sesso”. Inaccettabile, che fa l’eco a “irricevibile”, come aveva definito il ddl il Ministro Maurizio Lupi proprio ieri.
Ma non è solo l’alleato alfaniano a dare del filo da torcere. Su La Stampa di oggi , infatti, a mettere in discussione l’impianto del ddl Cirinnà ci pensa Stefano Lepri, vicepresidente dei democratici al Senato.
Al quotidiano torinese, Lepri ha spiegato che “tutti siamo d’accordo (nel PD, ndr) su un punto di partenza: occorre un nuovo negozio giuridico, che riconosca le unioni civili tra persone dello stesso sesso, un negozio giuridico diverso dal matrimonio” ma ha precisato che “c’è divergenza invece su una questione: noi pensiamo che non tutti i diritti e i doveri del matrimonio “tradizionale” vadano estesi all’unione civile tra omosessuali”.
Lepri spiega nel dettaglio, più avanti nell’intervista, che “prevediamo una tripartizione così scandita: su alcune questioni basilari si rimanda direttamente alla disciplina del matrimonio, per il regime patrimoniale ciascun partner mantiene il proprio, in altre parole non c’è la comunione dei beni, tranne alcune eccezioni, mentre per altre materie si rimanda ad un atto successivo all’atto di registrazione”. In sostanza, questioni come il mantenimento della casa, il testamento, l’assistenza reciproca in caso di malattia, vanno regolamentate in “convenzioni”.
Il rischio, secondo Lepri, è che un’equiparazione automatica tra le unioni gay e il matrimonio possa finire in Corte Costituzionale. Una unità del Pd, che dalle stesse parole di Lepri, insomma, sembra uscire non troppo bene, come sottolinea anche il presidente di Arcigay Torino, Marco Alessandro Giusta che in una lettera aperta al senatore ricorda come “molti esponenti del PD hanno sottoscritto la richiesta d’impegno ‘Tempo scaduto’ promossa da Arcigay a favore del matrimonio egualitario”. E riferendosi alle sentenze della Cassazione e della Corte di Strasburgo che evidenziano il vuoto legislativo italiano sulla materia parlando di “famiglia” e “vita familiare”, Giusta conclude: “È mai possibile parlare con cotanta leggerezza di argomenti che, evidentemente, non si padroneggiano? Evidentemente sì. Ma una fetta consistente di persone, che pensano, che votano e che non hanno intenzione di veder calpestati i propri diritti non sono intenzionati ad accettarlo”.
Intanto, in commissione, la decisione sulla sospensione del ddl Cirinnà prevista per oggi è stata rimandata a domani.
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