Si intitola 2640 il nuovo album di Francesca Michielin, disponibile da venerdì 12 febbraio su etichetta Sony Music. Anticipato dal primo singolo Vulcano, certificato platino, e dal secondo Io non abito al mare, questo nuovo lavoro contiene 13 brani. Un racconto in musica della crescita di Francesca, delle sue esperienze e della sua visione del mondo, tra cui un brano in inglese ispirato a Tahiti di Bat For Lashes, fino ad una dedica “speciale” ad Alonso, pilota della Formula 1. 2640 ruota attorno al logo che è composto da tre triangoli colorati che rappresentano i tre simboli/temi del disco, Il primo è un Vulcano rosso, come le parole più crude da comunicare. Il secondo è un Mare, blu e caotico, da imparare a ascoltare, mentre il terzo è una Montagna, alta, dove si arriva sulla cima solo per provare ad immaginare.
Cosa dobbiamo aspettarci da 2640?
Un manifesto chiaro su quella che sono oggi. In questo nuovo lavoro ho detto tutto quello che volevo dire e che avevo nascosto dentro. Ci sono tante storie che ho vissuto e che ho cercato di tradurre nel modo più semplice che c’è.
Perché proprio 2640?
È l’altitudine di Bogotà. Posto dove sarei voluta scappare un sacco di volte, pur non essendoci mai stata.
Tutta questa voglia di scappare, ma perché mai?
Perché avevo dentro qualcosa che volevo trasformare in musica, che è il mio modo migliore per comunicare.
“Comunicare”, tra l’altro, è una traccia del tuo nuovo album…
È il brano che racconta, in assoluto, tutta la mia vita. Per scriverlo ho coinvolto, attraverso messaggi vocali, tutte le persone che in questi ventidue anni mi son stati vicini: amici, parenti, compagni di scuola.
Poi c’è la Serie B…
Eh già. È stata la tragedia sentimentale che ho vissuto quando il Vicenza è retrocesso proprio in Serie B. Rappresenta a pieno, come metafora, il momento in cui non ci si sente allenati per supportare e sopportare una storia d’amore che non ha più sostanza.
In Tapiloca, invece, si avverte il tuo amore multietnico, o sbaglio?
È un brano ispirato e basato su un canto liturgico popolare ghanese, conosciuto proprio all’interno della comunità ghanese con cui ho condiviso tante domeniche, a base di musica e pranzi di riso, involtini di carne e tapioca. È un testo di ringraziamento, una specie di cantico urbano, per gli incontri che mi ha fatto fare ma, soprattutto, per quello che non mi ha saputo dare, perché l’ho potuto immaginare.
A breve partirà anche il tour. Che spettacolo porterai in scena?
Partirà il 16 marzo da Parma come data zero, ma ufficialmente partirà il giorno dopo da Milano. Sarà un tour rock and roll, tribale, elettronico e abbastanza digitale. Saremo in quattro sul palco e tutti suoneremo un po’ tutto. Siamo gasatissimi all’idea di iniziare. Dopo Milano arriverò a Torino, Brescia, Bologna, Trento, Roncade, Catania, Perugia, Maglie, Modugno, Roma, Napoli e Firenze.
Photo: Letizia Ragno.
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