Come l’uomo che più di altri ha plasmato l’immaginario del maschio eterosessuale del secondo dopoguerra a colpi di sexy conigliette viene ricordato come un pioniere dei diritti LGBT.
La morte di Hugh Hefner, il fondatore di Playboy, è stata salutata come la dipartita di un protagonista della cultura postmoderna, a cui appuntare dei meriti per la rivoluzione sessuale che sul finire degli anni sessanta ha liberato (alcuni) corpi e (alcuni) costumi.
Una celebrazione pressoché univoca sui media, che d’altra parte hanno pescato a piene mani dal club del patriarcato patinato creato da Hefner, dove il corpo della donna, in primis quello del celebre paginone centrale, serviva esclusivamente da sollazzo per i lettori tra un pezzo e l’altro.
Voci storiche della comunità LGBT come la Glaad, Gay lesbian alliance against defamation, si sono unite a molte donne per un ricordo decisamente più critico del fondatore di Playboy: “È allarmante che Hefner venga dipinto come un pioniere o un attivista per la giustizia sociale. Perché niente è più lontano dalla realtà – scrive la presidente della Glaad, Sarah Kate Ellis – Hefner non era un visionario, era un misogino. Ha costruito un impero sessualizzando le donne e diffondendo stereotipi che hanno causato danni irreparabili ai diritti delle donne e tutta la nostra cultura”.
Eppure c’è chi, ripercorrendo la storia patinata del celebre magazine per soli uomini e del suo fondatore, vede una serie di ragioni che fanno di Hefner un alfiere dei diritti LGBT, fin da tempi non sospetti.
Nel 1953, anno di lancio della rivista, con l’omosessualità ancora illegale negli Stati Uniti, Hefner decise di pubblicare “L’uomo corrotto”. Un racconto breve già rifiutato da un altro magazine, l’Esquire, perché raccontava un mondo in cui gli eterosessuali erano la minoranza ed erano perciò vessati dalla maggioranza omosessuale. Una scelta che fece scandalo tra i lettori, a cui Hefner rispose creando ancora più clamore: “Se è sbagliato perseguitare gli eterosessuali in una società omosessuale, allora deve essere sbagliato anche l’opposto”.
Trent’anni dopo, negli anni ’80, quando l’Aids era semplicemente “il cancro dei gay”, Hefner fece di Playboy uno dei magazine impegnati in una campagna di informazione sul sesso sicuro per contrastare il diffondersi dell’Hiv.
Anche in età avanzata Hefner non ha mancato di alzare l’asticella della libertà sessuale, schierandosi pubblicamente a favore del matrimonio egualitario fin dal 2009, quando il neopresidente Barack Obama era ancora cauto sul tema: “L’idea che il matrimonio possa essere disonorato dalle nozze tra persone dello stesso è ridicola. Gli eterosessuali stessi non hanno fatto poi così tanto onore al matrimonio”.
Può bastare tutto questo per fare del defunto fondatore di Playboy, uno dei capisaldi del machismo edonista e dell’oggettivizzazione della donna, un paladino della comunità LGBT?
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Soltanto le femministe estremiste possono essere così ottuse da avercela con Hefner: come possa un uomo favorevole ai Diritti LGBTQIA essere contemporaneamente un misogino mi è davvero oscuro!
Non mi pare che il signor Helfener obbligasse le ragazze a spogliarsi era una loro decisione fare le conigliette, che è adesso le donne non possono scegliere di fare foto Hot per una rivista? Mi pare se non sbaglio che fra i diritti delle donne (anche degli uomini) ci fosse quelli di poter fare quel che si vuole con il proprio corpo
E' assurdo parlare di machismo, oggettivizzazione della donna e misoginia. Hugh Hefner col suo Playboy ha dato un forte contributo all'emancipazione sessuale delle donne e, in generale, delle persone. Si possono certamente criticare alcune immagini magari stereotipate, derivate anche dal contesto storico in cui la rivista è nata, ma parlare di oggettivizzazione e di misoginia è una cosa non sta né in cielo né in terra; è una critica che puzza di moralismo e bigottismo pseudo-femminista, difatti parla di sessualizzazione in maniera negativa, trattando quindi il sesso come un qualcosa che non va bene, e le donne come individui non in grado di decidere per loro stessi. Nell'articolo si dice che il corpo della donna, in primis quello del celebre paginone centrale, serviva esclusivamente da sollazzo dei lettori. Embè? Se una donna, o un uomo, decide di farsi fotografare in pose accattivanti e esplicite dal punto di vista sessuale per la gioia dei lettori di una rivista, non vedo cosa ci sia di male. Questo è moralismo liberticida, non c'entra niente con la difesa delle donne.