L’argomento tiene il mondo col fiato sospeso: la crisi economica mondiale è partita dagli Stati Uniti e molti pensano stia per raggiungere il vecchio continente. Stati Uniti, dunque, baricentro dell’industria pornografica mondiale, e in particolare di quella gay: quanto tale crisi si rifletterà nel settore, che laggiù è un vero e proprio mercato in grado di muovere milioni di dollari?
Partiamo dall’inizio: il porno gay ultimamente viveva una situazione contraddittoria. Da una parte c’è stato il boom dei siti internet e dall’altra la progressiva contrazione del settore home-video, tant’è che sempre più case di produzione avevano iniziato a puntare sul web, mentre alcuni siti web si sono trasformati in vere e proprie case di produzione (raccogliendo in DVD quello che producevano online).
Proprio in questo momento di riassestamento degli equilibri è arrivata lei, la crisi che sta facendo tanto parlare, ed era inevitabile che portasse delle conseguenze. Le case di produzione più piccole hanno iniziato ad accantonare alcuni progetti già annunciati: la PZP Productions di Peter Z. Pan, ad esempio, non ha nemmeno potuto iniziare le riprese di Pappa Mio! (parodia gay hard del recentissimo Mamma Mia!). Sul fronte internet, invece, si sta verificando un fenomeno del tutto inedito e impensabile fino a qualche anno fa. I siti internet di alcune case di produzione, per ammortizzare le spese e ottimmizzare i guadagni, hanno iniziato a fondersi. Come la Hot House con quello della Bel Ami, ciascuno dei quali ora permette di visionare materiale prodotto dall’altro. Considerando che Hot House e Bel Ami propongono, rispettivamente, maschioni ipervirili e ventenni acqua e sapone, è evidente che questo sodalizio è stato reso possibile dalla macanza di concorrenza diretta
C’è da dire che in altri casi le compagnie maggiori preferiscono approfittare della situazione per aquistare quelle minori che risentono maggiormente della in crisi, come è successo con la storica Falcon che ha recentemente fatto proprio il catologo della Massive Studio.
Questa però è solo la punta dell’iceberg: queste fusioni le riscontriamo anche nei siti di fotografia erotica soft, come Beautifulmag.eu e Maleperfection.net. D’altra parte Paul Fishbein, il fondatore della storia rivista Adult Video News, ha fatto notare che da luglio a oggi l’industria della pornografia gay ha visto un calo di introiti che supera il 15%, e un simile dato non lascia certo indifferenti.
Come si comportano, però, i porn performers? A quanto pare molti di loro stanno mettendo le mani avanti e hanno iniziato a cercare altri sbocchi, pur non rinunciando alla loro carriera nell’hard. Qualcuno si sta rilanciando nel cinema gay o nelle fiction della TV (lgbt) via cavo, ma probabilmente il premio per l’idea più originale va ad Antonio Biaggi (in foto e che a dispetto del nome non è italiano, ma portoricano), che ha recentemente aperto una Eco Boutique a San Francisco (dove sicuramente la sua popolarità nell’hard attirerà tantissimi clienti).
Se però volessimo parlare proprio dei porn performer di origine italiana, non si può certo dire che stiano con le mani in mano. Alex Baresi ora gestisce un quotatissimo sexy-shop (per il quale produce capi esclusivi) e Francesco D’Macho ha fondato una sua casa di produzione (la Stag Homme, con Damien Crosse), mentre Carlo Masi (col collega/boyfriend Adam Champ) ha messo in piedi addirittura una show agency (la Fush Fush). A scanso di equivoci va comunque precisato che, seppur in relativa crisi, il mondo del porno gay è ancora più vivace che mai, e forse questa crisi economica globale sarà provvidenziale per fare emergere – finalmente – la qualità a dispetto della quantità.
di Valeriano Elfodiluce
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