Una delle argomentazioni preferite di chi prende le difese della pornografia contro gli attacchi dei perbenisti è che questi, in realtà, sarebbero i più assidui consumatori di materiale pornografico. Finora, però, questa difesa non poteva avvalersi di prove concrete e indagini statistiche attendibili e condotte su vasta scala, visto che il materiale pornografico veniva acquistato e distribuito attraverso una filiera estremamente complessa da scandagliare. Inoltre il fruitore poteva procurarsi questo materiale sottobanco, di contrabbando, attraverso la vendita al dettaglio, per interposta persona o attraverso giri di posta che camuffavano la sua identità o la sua residenza, e rimaneva sostanzialmente anonimo.
Senza contare tutte le persone che, molto più banalmente, si procuravano materiale pornografico recandosi in un’altra città o nelle edicole delle stazioni ferroviarie. Tuttavia i tempi cambiano: oggi internet ha reso possibile una fruizione estremamente comoda e infinitamente differenziata di materiale pornografico, e gli omosessuali – che prima facevano molta più fatica a trovare quello che gli interessava – ne sanno qualcosa. Inoltre internet ha anche un altro vantaggio, perlomeno per chi si occupa di statistiche: gli acquisti di materiale pornografico, ma anche i semplici abbonamenti a siti hard, avvengono in modo nominale attraverso la carta di credito. Questo vuol dire che, fatta salva la privacy dell’acquirente, chi si occupa di monitorare la situazione può accedere a dati come i codici di avviamento postale, e da qui può analizzare la situazione in maniera molto più precisa che in passato.
Così negli USA il Journal of Economic Prospectives ha appena pubblicato uno studio molto interessante, condotto analizzando i dati delle carte di credito statunitensi usate dal 2006 al 2008 per acquistare materiale pornografico attraverso internet. I dati che emergono dal suddetto studio sembrerebbero confermare proprio una diffusa ipocrisia, visto che gli stati più conservatori sono quelli che consumano più pornografia online. Tuttavia un dato molto più interessante deriva dall’analisi degli stati americani che, anche attraverso referendum popolari, hanno ampiamente bocciato qualsiasi forma di riconoscimento pubblico per le unioni omosessuali. In questi stati il consumo di pornografia sarebbe superiore dell’11%, in media, rispetto agli stati più aperti verso la comunità omosessuale.
Considerando che si stima che la comunità lgbt rappresenti dal 5% al 10% della popolazione potete trarre da soli le vostre conclusioni. Analizzando la situazione più nel dettaglio, però, si scopre che nella classifica degli stati più pornofili lo Utah è al primo posto per sottoscrizioni ai siti hard, al primo per fruizione di pornografia in rapporto alla popolazione, ed è ottavo nella classifica assoluta. Ricordiamo che lo Utah è lo stato fondato e popolato dai religiosissimi mormoni, che rappresentano una delle comunità più ricche, coese e influenti degli USA. Non solo ufficialmente prendono alla lettera tutte le prescrizioni bibliche riguardo alla sessualità, ma professano fermamente anche quelle del loro testo sacro – il libro di Mormon – che non è certo da meno.
Tanto per intenderci l’apporto, anche economico, dei mormoni è stato determinante per l’approvazione della famigerata Proposition 8 che ha proibito (per ora) la celebrazione dei matrimoni gay in California. Ufficialmente per loro il sesso può essere consumato solo fra un uomo e una donna, dopo il matrimonio e per fini procreativi, ma le loro carte di credito non sembrano essere proprio d’accordo. Se vi ricordano qualcuno non siete i soli.
di Valeriano Elfodiluce
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