Omofobia interiorizzata: una malattia sociale condivisa. E tu a che livello appartieni? TEST

L'omofobia interiorizza è data da un'educazione che insegna l'eterosessualità quale unica espressione delle relazioni sessuali e affettive. Quanto può influenzarci?

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3 min. di lettura

Anche se meno visibile dell’omofobia esterna, l’omofobia interiorizzata è per certi versi psicologicamente più insidiosa, perché agisce come un nemico interno non facile da fronteggiare da Mariomieli.net

Se tutti e tutte qui probabilmente sappiamo cosa s’intende quando si parla di omofobia interiorizzata, non vale lo stesso per chi non è abituato o abituata a porsi questi “problemi”. Solitamente si parla di omofobia interiorizzata per indicare persone gay, lesbiche, bisessuali o pansessuali che hanno poca consapevolezza di aver interiorizzato e fatto propri pregiudizi, comportamenti e opinioni discriminatorie tipici della cultura omofoba e eteronormata in cui cresciamo e viviamo. Secondo l’Istituto Beck di Terapia Cognitivo-Comportamentale, appunto:

Da quando nasciamo, i nostri genitori prima e la società poi ci bombardano con messaggi educativi, che sono delle vere e proprie frecce che si vanno a conficcare nella nostra mente. La prima è che dobbiamo rispettare e obbedire a un’autorità superiore (famiglia, poi scuola, e infine chiesa e Stato). La seconda è che il sesso è peccato (e quindi il sesso “contro-natura” è doppiamente peccato). Poi impariamo che i gay sono effeminati e le lesbiche mascoline, che i gay non sono veri uomini, che gli omosessuali si possono deridere, insultare ed eventualmente picchiare. Che “frocio” è un insulto mille volte peggiore di “stronzo”.

Anche il sito del Circolo Mario Mieli fornisce una definizione piuttosto inquietante dell’omofobia interiorizzata, riguardante persone della comunità LGBT che sono già a un certo livello di consapevolezza della propria sessualità: “Quando i gay e le lesbiche cominciano a diventare consapevoli della loro omosessualità, essi sperimentano verso loro stessi i medesimi atteggiamenti che hanno interiorizzato”.

Ma cosa succede quando l’omofobia interiorizzata colpisce persone che non si accettano per come sono?

Quando questa malattia sociale affligge chi non riesce nemmeno ad ammettere di essere gay, lesbica, bisex o pansessuale, il rischio è che inevitabilmente venga bloccato ogni rapporto omoaffettivo sul nascere, ogni volta che questo stia diventando coinvolgente: “Non mi sento attratto”, “non mi va di baciarti”, “mi piaci come persona, ma non in altri sensi” sono frasi che spesso abbiamo sentito dire a persone che dimostravano tutt’altro, e con le quali a volte eravamo splendidamente già finit* a letto. Rifiuti che possono sicuramente essere legittimi e sinceri, ma non in tutti i casi. Se è giusto di certo rispettare come le persone si autodefiniscono e non ha senso scalpitare se pensiamo che qualcun* stia definendosi nel modo sbagliato, non per questo dobbiamo credere a tutto quel che ci viene detto: l’ipotesi omofobia interiorizzata, nella sua spaventosità, è purtroppo vera in molti casi.

Noi per prime e primi abbiamo avuto problemi nell’accettare la nostra non eterosessualità e abbiamo avuto bisogno di tempo, molto in certi casi. Quanti si sono svegliati per un anno con la speranza che fosse solo un incubo, quante si sono sposate e hanno fatto figli prima di ammetterlo, quanti si sono fatti preti, quante pur stando con altre donne evitano effusioni d’affetto in pubblico perché non vogliono “ostentare”? La parola “ostentare“, legata alla sessualità, dovrebbe essere bannata dal vocabolario.

Passando al lato più pratico, ci piacerebbe indagare sugli stati d’animo e sulle tempistiche che sono state necessarie per passare dal presentimento di non eterosessualità al coming out. Per questo, vi proponiamo un test di 8 domande, a cui rispondere in 2 minuti. Dai risultati verrà fuori un profilo sul proprio livello di omofobia interiorizzata che può aver rallentato o meno il raggiungimento sereno della nostra identità. A volte il processo di accettazione del proprio essere può essere lungo, difficile e tortuoso, soprattutto per chi ha vissuto per molto tempo nella bolla fasulla dell’eteronormatività e se ne è fatto influenzare, volente o nolente.

“Con il termine eteronormatività s’intende la naturalizzazione dell’eterosessualità quale ‘normale’ espressione delle relazioni sessuali” da Luogoespazio.info

Buon test!

In copertina: foto di Mojo Wang


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Jezekael 2.3.17 - 18:40

Io non mi faccio problemi nel dichiarare la mia omosessualità e mi sono accettato fin dal momento in cui l'ho scoperto e dico dai tempi dell'adolescenza. ma stando a questo test soffrirei di omofobia interiorizzata ahahahah. Probabilmente sulla base di chi ha creato il test si è omofobi se ci si veste da uomo e se non si è attratti dagli effeminati. Ma poi l'opzione "cerco di vestirmi in modo maschile" che dovrebbe significare? Che cosa vuol dire "cerco"? Boh....se sono uomo mi viene spontaneo vestirmi da uomo, non lo faccio perchè me lo impone la società omofoba. Ma evidentemente per quelli del circolo Mario Mieli i gay che si vestono da uomo (praticamente tutti in realtà) sono omofobi. Forse per essere ritenuti in pace con noi stessi dovremmo conciarci come faceva colui a cui il circolo è dedicato? Cioè dovremmo andare in giro come dei travestiti?

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Fulvio Magni 8.11.16 - 12:43

Il verdetto: nessuna omofobia interiorizzata. Del resto come potrebbe soffrirne chi, come il sottoscritto, è un deviato? La devianza, per definizione scientifica, è una condizione egosintonica. Ma basta questo per rendermi un raro soggetto da imitare?

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Elle Lu 7.11.16 - 17:23

Purtroppo il sistema non consente di mostrare i risultati :( Però il test è bellino lo stesso :)

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E pperò 3.11.16 - 16:15

c'è il pulsante "gioca" :)

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Mauro Magoelite Casotti 3.11.16 - 15:07

tutto perfetto, a parte che non c'è il test:)

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