AUCKLAND, VIAGGIO AGLI ANTIPODI

Dall'altra parte del mondo, un piccolo paradiso gay-friendly: la Nuova Zelanda e la sua capitale, sono piene di cose da vedere, locali con clientela glbt, e iniziative culturali.

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Solo da pochi anni la Nuova Zelanda si è imposta all’attenzione generale sia per eventi sportivi (le regate in barca a vela della Coppa America, con Luna Rossa che sfrecciava nel golfo di Hauraki, ma anche grazie alla popolarissima squadra di rugby degli All Blacks) che cinematografici (il fenomeno “Il Signore degli Anelli“). Le due isole principali che la compongono hanno struttura stretta e lunga, per una superficie complessiva simile a quella italiana, con la non secondaria differenza che gli abitanti superano di poco i 4 milioni. Data la remota posizione geografica queste isole sono state tra le ultime della storia ad aver visto insediamenti umani. I Maori, gli abitanti indigeni, approdarono ad Aotearoa, la Terra della Lunga Nuvola Bianca nel loro idioma, solo circa nove secoli fa, provenienti dalle isole del sud del Pacifico e solo dopo la metà del 1700 le navi della marina britannica vi stabilirono contatti definitivi. Il colonialismo inglese ne fece una delle terre di Sua Maestà e ancora oggi le banconote del dollaro neozelandese (valore circa 0,50 Euro) riportano l’immagine della Regina Elisabetta d’Inghilterra. L’inglese e il Maori sono le due lingue ufficiali.

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Circa un quarto della popolazione neozelandese vive nell’area metropolitana di Auckland, città moderna ed estremamente cosmopolita nel cui aeroporto atterranno la maggioranza dei voli intercontinentali. Un chiaro esempio della varietà e integrazione tra diverse culture la si può sperimentare scendendo per la centralissima Queen Street, perfetta per lo shopping e costellata di ristoranti polinesiani ed asiatici. E non solo: in fondo, all’angolo con Quay Street, c’è anche un bar ristorante dal nome indiscutibilmente italiano: Pompino (!). Per il cibo italiano e indiano bisogna invece spostarsi in direzione di Parnell Road, un po’ decentrata ma graziosissima e anch’essa non avara in quanto a negozi d’abbigliamento e artigianato; lo si può fare anche a piedi, tramite il ponte Grafton (da cui si può godere di una bella vista panoramica) e camminando attraverso il grande e verdissimo parco Auckland Domain, al cui centro campeggia l’imponente Auckland Museum, nel quale si susseguono interessanti esposizioni, molte delle quali legate alla cultura Maori e degli abitanti delle isole del Sud Pacifico.

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Una delle attrazioni principali della città è certamente Sky Tower, avveniristica torre alta più di 300 metri, che sembra atterrata li direttamente da un film di fantascienza e dalla quale si può godere una spettacolare vista a 360 gradi offerta dai punti di osservazione. Al ristorante Orbit si può anche cenare mentre l’intera sala ruota lentamente, permettendo una vista panoramica totale della città. I più avventurosi di giorno potranno anche arrampicarsi sulla punta estrema della torre, con vista mozzafiato, oppure lanciarsi in caduta controllata dai 192 metri di SkyJump. Ai neozelandesi piace lanciarsi nel vuoto, non per niente il primo Bungy Jumping commerciale è sorto proprio in Nuova Zelanda. Ecco allora che ci si può lanciare nel vuoto anche dall’Auckland Harbour Bridge (foto sotto) e sfiorare le acque sottostanti della baia, oppure semplicemente ammirare il panorama camminando sulle arcate portanti del ponte. Brividi assicurati comunque.

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Per quanto riguarda l’aspetto di socializzazione con la comunità GLBT locale non ci sono assolutamente problemi. La Nuova Zelanda è una nazione estremamente gay friendly e con una ferrea legislazione anti discriminazioni. Il partito laburista di governo da il proprio appoggio a vari centri sul territorio ed ha una propria associazione chiamata Rainbow Labour, che organizza incontri periodici aperti a tutti. In città sono attivi gruppi gay religiosi e spirituali, buddisti e cristiani. La via più gaya è indubbiamente Ponsonby Road, con una visibilissima comunità saldamente al comando di una delle zone più trendy. Numerosi i punti d’incontro, café bar (come il Surrender Dorothy) e ristoranti (come l’SPQR), per lo più facilmente riconoscibili dalla bandiera gay arcobaleno ben in vista all’ingresso. Se vi prende un assalto di nostalgia e volete ritrovare un po’ d’aria e sapori italiani da segnalare la prima pizzeria a taglio operante ad Auckland: si chiama Il Buco (si, in italiano) ed il simpaticissimo gestore, Johnny, è apertamente gay. E la pizza è pure buona, il che poi è la cosa più importante.

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Per chi ha voglia di esplorare le locali saune non c’è che l’imbarazzo della scelta, ce ne sono diverse, tra le quali il Centurian, il Club Westside, il Wingate ecc., mentre la scena leather si concentra intorno al disco-bar Urge, in K Road. Piuttosto popolare a tarda notte, soprattutto per chi e’ in cerca di un po’ di action, il Lateshift, un cruise sex club che nel fine settimana rimane aperto sino alle 10 del mattino. Clientela molto mista, con varietà di età e tipologie. Per gli amanti delle discoteche e del ballo visti i continui spostamenti e party settimanali sempre diversi consigliamo di consultare la stampa gay locale, giornali come l’Express, Up o Out!, distribuiti gratuitamente e che riportano i calendari aggiornati del periodo.

Se capitate ad Auckland in febbraio potete anche gustarvi l’intenso calendario di avvenimenti sia culturali che di divertimento legati all’Hero Festival, due settimane che comprendono anche il popolarissimo Big Gay Out, giornata per stare tutti insieme, GLBT & friends, all’aria aperta, con stand, spettacoli e raccolta fondi. Il Big Gay Out è una festa che veramente dimostra quanto la società neozelandese sia di mentalità aperta ed amichevole, con coppie etero e famiglie intere che partecipano numerosissime ad un evento organizzato dalla comunità omosessuale ma aperto e goduto da tutti quanti, senza che ci sia nessuna rivalità e senza che nessuno si senta “minacciato” o giudicato nel proprio stile di vita. La diversità come arricchimento e parte integrante della società tutta. Un processo che è stato innescato dall’integrazione tra gli indigeni Maori ed i coloni, i Pakeha, ovvero i non-Maori, e che si è esteso anche a tutte le altre realtà che compongono il variegato tessuto sociale neozelandese.

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