ESSERE GAY A BOLOGNA

Bandiera Gialla, il giornale di informazione sociale dell'area metropolitana bolognese, ha realizzato l’inchiesta “Visibili o nascosti? Essere omosessuali a Bologna”.

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BOLOGNA – Di omosessualità sui media si parla più di prima, non c’è dubbio. Ma a questa visibilità mediatica, corrisponde un reale miglioramento nella qualità di vita delle persone omosessuali? In una città come Bologna, storicamente capofila delle conquiste di visibilità, come vivono oggi i gay e le lesbiche? Per dare un risposta a queste domande, Bandiera Gialla, il giornale di informazione sociale dell’area metropolitana bolognese, ha realizzato l’inchiesta “Visibili o nascosti? Essere omosessuali a Bologna”.

L’inchiesta costituisce un viaggio tra le associazioni bolognesi che si occupano di omosessualità e di identità di genere, per raccontare la vita quotidiana di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali in famiglia, a scuola, sul lavoro, con gli amici.

Da tutte le interviste è emerso il problema dell’adolescenza. Una ricerca dell’università di Bologna indica anche che il tasso di suicidi tra gli adolescenti omosessuali è doppio rispetto agli adolescenti eterosessuali. La scuola non è preparata ad affrontare questa tematica e per questo è stato attivato a Bologna un progetto europeo che prevede misure antidiscriminatorie a partire dai regolamenti d’istituto, ai programmi scolastici, alla formazione degli insegnanti per prevenire fenomeni di bullismo. “Vogliamo che la scuola sia un ambiente accogliente, perché laddove il ragazzino non abbia la possibilità di esprimersi in famiglia, lo possa fare a scuola o col gruppo dei pari, altrimenti andrà ad ingrossare le schiere dei ragazzi che pensano di essere sbagliati” commenta Sergio Lo Giudice, presidente di Arcigay Nazionale nonché l’insegnante promotore di questo progetto.

Paolo Margherita, un operatore dello SCOT, il telefono amico gay del Cassero, spiega come l’accettazione della propria omosessualità sia il punto nodale di tutte le richieste che riceve, e aggiunge che a Bologna c’è una comunità omosessuale molto forte e organizzata, perché, proprio per ragioni storiche, Bologna è la città più omosessuale d’Italia: “Giocoforza è un polo di attrazione delle persone in senso fisico. Infatti ci sono tantissimi studenti omosessuali che dal Sud si spostano a Bologna sia per studiare, che per trovare un ambiente particolarmente accogliente, friendly”. Quello del MIT, il Movimento Identità Transessuale, è un percorso un po’ diverso, eppure molto importante. Il MIT ha sede a Bologna e ha il miglior consultorio d’Italia sull’identità di genere e una stretta collaborazione con l’ospedale S. Orsola, dove da alcuni mesi è possibile effettuare il cambio di sesso. Porpora Marcasciano, vice-presidente dell’associazione, ha anche focalizzato l’attenzione su alcune problematiche specifiche dei transessuali: la burocrazia, l’essere sempre “sotto i riflettori”, lo stereotipo della trans siliconata e prostituta.

Arcilesbica ha invece raccontato la visibilità tutta al femminile, e un dato di fatto: i tesseramenti all’associazione sono in aumento, anche fra ragazze non lesbiche, per combattere le differenze uomo/donna presenti sia nella società in genere che nell’ambiente omosessuale.

Infine AGEDO, l’associazione di genitori di omosessuali che aiuta i ragazzi a parlarne in famiglia, focalizza l’attenzione sulle problematiche dei genitori: “Il problema è dato dalle aspettative dei genitori che vengono deluse dal comportamento del figlio. Ma è anche dato dal giudizio della gente: essere padre o madre di un figlio omosessuale equivale a essere giudicati dagli altri come genitori non bravi”.

L’inchiesta di Bandiera Gialla, visibile sul sito www.bandieragialla.it, è arricchita di link e indirizzi utili, con una piccola guida alla comunità GLBT bolognese. Per concludere, un dialogo, una conversazione realmente avvenuta tra un’eterosessuale e un omosessuale, per mettere stereotipi e pregiudizi a confronto.

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