Insultata, derisa, ad appena 12 anni, solo e soltanto per aver fatto coming out. È Gianluca Nicoletti di LaStampa a raccontare l’ultimo episodio di omofobia all’italiana, in arrivo da quei banchi di scuola dove la destra italica non vorrebbe che venisse celebrata la Giornata Internazionale contro l’Omotransfobia.
Giorgia, nome di fantasia, vive in Lombardia. In prima media manda un messaggino Whatsapp ad un’amica, con scritto “tu mi piaci“. Bloccato il profilo, presumibilmente dalla mamma dell’amichetta, una volta tornata in classe assiste ad un cambio di rotta radicale da parte dei compagni classe. E iniziano gli abusi. Prima scrivono “lesbica di mer*a” su un biglietto del parchimetro e glielo consegnano, poi marchiano il suo zaino con la scritta “fr*cia”, accompagnando il tutto con il disegno di una croce. All’ingresso a scuola le chiedono “perché non ti impicchi?“. In palestra le urlano “zitta, fr*cia di mer*a“. Giorgia suona il sax, la chitarra e l’ukulele, nel tempo libero si dedica al teatro.
Ma quella folle violenza verbale, quotidiana, la porta alle conseguenze più estreme. L’autolesionismo. La 12enne inizia a tagliarsi gli avambracci con la lametta del temperino, coprendoli con il maglione. Si sbuccia volutamente le ginocchia sulle pareti. A scuola qualcuno si rende finalmente conto dell’insostenibile situazione, delle gravissime conseguenze figlie dell’omofobia, e le chiede scusa.
12 anni appena, Giorgia è stata costretta a vivere l’inferno solo e soltanto per aver avuto il coraggio di esprimere i propri sentimenti nei confronti di una coetanea. Un incubo scolastico laddove qualcuno vorrebbe cancellare qualsivoglia forma di educazione al rispetto, millantando ‘mostri gender’ che nessuno sa cosa realmente siano. A differenza di quel mostro chiamato ‘omotransfobia’ che ogni santissimo giorno colpisce centinaia di ragazzi e ragazze, da nord a sud isole comprese, con l’insopportabile e indifendibile avallo di una parte politica nazionale.
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