1971: la scandalosa collezione di Yves Saint Laurent rivive a Parigi

Due piccole ma aggraziate mostre sul grande couturier svelano un YSL privato e inedito

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“Yves Saint Laurent insulta la moda”; “Saint Laurent, una triste occupazione”; “Veramente rivoltante”. È il 29 gennaio 1971. Ottanta capi della collezione primavera-estate indossati da sei modelle seminano il panico in Rue Spontini 30 bis a Parigi, nel sedicesimo arrondissement, sede di tutti i défilés di Yves Saint Laurent dal suo esordio nel 1962.

Rischiò davvero di incrinare il mito del geniale couturier francese la controversa sfilata ’40’s’, accolta malissimo dalla stampa specializzata ma di grande successo popolare, ricostruita nella piccola ma aggraziata esposizione Yves Saint Laurent 1971 – La collezione dello scandalo curata da Olivier Saillard e allestita presso la stilosa Fondation Pierre Bergé – Yves Saint Laurent di rue Reynaud, a due passi dal tempio dello shopping modaiolo, l’iperglam avenue Montaigne.

Motivo di tanta acredine? Aver osato ispirarsi allo stile bellico degli anni ’40, spalle rinforzate, essenzialità quasi militaresca e un recupero di drappeggi classico-ellenici: impensabile, all’epoca, rievocare il buio civile dell’occupazione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale per ciò che era considerata essenzialmente una fatuità estetica, sebbene di gran classe e sofisticato charme.

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I muri della mostra contenuta riproducono a grande scala le tavole della collezione con gli schizzi di ciascun modello, ventotto dei quali sono esposti fra video televisivi pubblicitari e una rassegna stampa digitalizzata consultabile su un pratico touch screen. Tolgono il fiato alcuni capi privilège come uno strepitoso mantello/pelliccia di volpe verde o elegantissimi ensembles de jour o habillés che esaltano creazioni di alpaca nera, short plissé di crêpe di seta e bagni di sole in raffinato jersey.

In alcune splendide foto di Bob Richardson pubblicate su un numero di Vogue Italia dell’epoca è possibile ammirare un’androgina Anjelica Huston mentre indossa sensuale i modelli numeri 40-61-66.

In questa collezione-cerniera detta ‘Liberazione’, Yves Saint Laurent intende porre le basi di una moda retrò d’ispirazione popolare, in cui la Haute Couture traspiri in filigrana gli umori della strada, dando ispirazione soprattutto alle giovani donne per scelte combinate suggerite da una modella d’eccezione come Paloma Picasso.

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“Che cosa voglio? – replicò laconicamente Saint Laurent alle critiche – Choccare la gente, costringerla a pensare. Non mi interessa se i miei abiti evocano gli anni ’40 per gente educata alla moda. Ciò che è importante è che giovani ragazze, le quali non hanno conosciuto questa moda, vogliano indossarla”.

“Parte del pubblico – spiega Saillard – è stato inizialmente turbato dalle dichiarazioni del couturier sul fatto di essere stato ispirato dall’eleganza degli anni della guerra e dell’Occupazione. È stato il manifesto di uno stilista che da quel momento voleva essere l’arbitro dell’ambiguità”.

La mostra è visitabile fino al 19 luglio.

A non molta distanza dalla Fondazione Pierre Bergé – Yves Saint Laurent, nello spazio espositivo DS World Paris, è possibile ammirare fino al 10 settembre la mostra di foto inedite Yves Saint Laurent, nell’initimità della creazione’, 36 scatti di Pierre Boulat e sua figlia Alexandra che mettono in luce aspetti più privati del dietro le quinte: momenti di riflessione durante la preparazione delle sfilate, a partire dai cosiddetti ‘anni Dior’ fino all’ultima sfilata al Centre Pompidou del 22 gennaio 2002, abbracciato a Catherine Deneuve e Laetitia Casta; pasti in solitario nell’appartamento di Place Vauban o relax sulla poltrona coi draghi di Eileen Gray nella sfarzosa residenza di rue de Babylone; gli sguardi complici con l’inseparabile cane Moujik nella maison di avenue Marceau; l’esotismo del buen retiro marocchino con l’amato Bergé. Proprio quest’ultimo è particolarmente affezionato a questa ricercata serie di fotografie: “L’incontro con Pierre Boulat è stato formidabile – ha dichiarato Pierre Bergé -. Ci ha accompagnato quasi sempre, giorno e notte. Ci siamo resi conto che stavamo costituendo, insieme, una memoria”.

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