Abrahm DeVine, nuotatore gay, espulso dalla squadra di Stanford per il suo orientamento

Omosessualità e sport non vanno d'accordo: lo denuncia il campione di nuoto su Instagram.

abrahm devine
3 min. di lettura

Abrahm DeVine è un campione di nuoto statunitense, dichiaratosi omosessuale nel 2018. Agli ultimi due Mondiali è arrivato decimo e ottavo. A soli 23 anni, il mistista faceva parte della squadra di nuoto di Stanford. Faceva, perché da agosto sarebbe stato cacciato per via della sua omosessualità. Il ragazzo di Seattle ha denunciato il fatto attraverso un post su Instagram, ma subito da Stanford hanno negato che la sua assenza nella squadra fosse motivata dal suo orientamento sessuale.

Su Instagram, il nuotatore ha scritto:

Semplice e chiaro: ma posso dire con certezza che dipende dal fatto che sono gay se ho lasciato Stanford.

A poco più di due mesi, Abrahm DeVine ha voluto spiegare perché ha lasciato la squadra, o meglio, per quale motivo è stato espulso. La cronaca sportiva attendeva una sua dichiarazione da fine agosto, quando ha lasciato appunto Stanford per il Team Elite di San Diego. I coach di Stanford, Greg Meehan e Dan Schemmel, hanno affermato:

È davvero un peccato che Abe si senta così. Detto questo, Abe non è stato coinvolto a ripartire con noi per motivi completamente estranei alla sua sessualità. Continueremo a impegnarci, come sempre, a migliorare quegli aspetti della nostra cultura come l’inclusione.

Nessun caso di omofobia per loro, dunque. Hanno però confermato che a DeVine, nonostante non sia stato cacciato perché gay, non era stato invitato a rimanere nella squadra.

La replica di Abrahm DeVine, tra ipocrisia e omofobia nello sport

Non la pensa allo stesso modo il ragazzo 23enne, che ha voluto replicare alla risposta data dai suoi coach. Parte del lungo post, dice:

Perché è mio compito educare allenatori e atleti presso l’università più intraprendente del mondo? Non posso continuare a cercare di coinvolgere le persone in questa conversazione quando c’è tanta fragilità per oscurare la mia umanità e il mio carattere, tanta retorica per tenermi in silenzio.

Tutti dicono che mi supportano, eppure, per la milionesima volta, sono l’unico a parlare. Ai miei allenatori che sfoggiano la bandiera dell’orgoglio sulla loro scrivania, agli atleti a cui è piaciuta la mia foto dell’orgoglio su Instagram, ho bisogno che vi svegliato e notiate quello che sta succedendo intorno a voi. 

Come puoi dire di sostenere me e la mia uguaglianza? Come puoi non vedere come Stanford Swim mi ha trattato e mi ha usato negli ultimi 4 anni? Sono invisibile?

 

Visualizza questo post su Instagram

 

As many of you know, I’m an openly gay swimmer and I am the only one at my level. I want to use this post to call out some of the homophobia that I’ve experienced being an athlete, and encourage everyone to be thoughtful and intentional about changing some of the homophobic aspects of the athletic culture that exists today. While I have many specific examples of micro aggressions and outright aggressions that I’ve experienced, homophobia is ultimately much more than an accumulation of experiences. In fact, it is a denial of experience. While I feel like I’ve tried to convey this to many people, many of whom deny any possibility that they contribute it, I’ve started to ask myself: Why is it my job to educate coaches and athletes at the most resourceful university in the world? I cannot continue to try to engage people in this conversation when there is so much fragility to obscure my humanity and character, so much rhetoric to keep me silent. Everyone says they support me, and yet, for the millionth time, I am the only one speaking up. To my coaches who sport the pride flag on their desk, to the athletes who liked my pride photo on Instagram, I need you to wake up to what’s happening around you. How can you say you support me and my equality? How can you not see how Stanford Swim has treated me and used me over the last 4 years? Am I invisible? Plain and simple: there are surface level reasons I was kicked off the Stanford swim team, but I can tell you with certainty that it comes down to the fact that I am gay. This is a pattern. Homophobia is systematic, intelligently and masterfully designed to keep me silent and to push me out. I am a talented, successful, educated, proud, gay man: I am a threat to the culture that holds sports teams together. I want something to change, because I can’t take it anymore. My story is not unique. There are queer voices everywhere and all you have to do is listen. I am asking, begging for some sort of action. If you are reading this, this post is for you! Gay or straight, swimmer or not. None of us are exempt from homophobia. It is your civil duty to educate yourself. If you choose not to, it is at my expense.

Un post condiviso da Abrahm DeVine (@abrahmdevine) in data:

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