«Sono vivo». E non sembra nemmeno una battuta. Così ci risponde al telefono Davide Betti, il coordinatore nazionale dell’associazione liberal di centrodestra GayLib, aggredito brutalmente a Torino nella notte di dieci giorni fa, tra il 22 e il 23 ottobre, ma la cui vicenda è stata resa nota solo ora per paura di ritorsioni. L’umore è migliorato, anche perché sa che non dovrà essere operato al pancreas come si temeva inizialmente.
«Tornavo da casa di amici in via Cernaia – ci racconta con voce ferma – verso le due di notte. Ero in una via laterale nella zona della stazione ferroviaria di Porta Susa e mi stavo recando verso piazza Statuto. Stavo fumando un sigaro e scrivendo al cellulare quando, di colpo, sono stato spintonato da due ragazzi sulla trentina d’anni, italiani, sul metro e ottanta, piuttosto robusti. Dall’accento sembravano calabresi. Mi ricordo che uno aveva i capelli corti col gel. Urlavano “Frocio di merda!”. Mi hanno preso dalle spalle, inizialmente non mi sono accorto di nulla. Intorno non c’era anima viva ma qualche telecamera potrebbe avere registrato la scena. Gli spintoni erano così forti che sembravano pugni a mani aperte. Non mi hanno però tirato pugni allo stomaco, come invece è stato scritto. A un certo punto il mio ginocchio, che ha dei problemi, cede improvvisamente e mi sfracello sull’asfalto: un lago di sangue. I due aggressori si allontanano. Io vado nel vicino ospedale Maria Vittoria dove mi medicano le ferite facciali e torno a casa».
«Il giorno dopo – continua Betti – stavo abbastanza bene, pensavo di non fare nemmeno denuncia. La sera esco con gli amici e nel weekend vado a trovare i miei genitori. Ma lunedì a mezzogiorno sento un dolore lancinante allo stomaco, petto e braccia. La situazione era così drammatica che volevano venirmi a prendere con un elicottero ma non avrebbero saputo dove atterrare. È poi arrivata un’ambulanza. Avevo dolori mostruosi. Pensavano di dovermi operare al pancreas: ho avuto riversamenti di sangue e liquido pancreatico. Poi l’allarme è rientrato. Ho una prognosi di quaranta giorni ma già a fine settimana dovrei poter lasciare l’ospedale. La diagnosi esatta è “trauma pancreatico con ematoma del retroperitoneo in politrauma”».
Gli chiediamo se aveva già visto gli aggressori, ma la risposta è negativa: «Eppure penso che mi abbiano riconosciuto per la mia attività in GayLib che abbraccia tutti i movimenti liberali e moderati di Centro Destra. Avevo già ricevuto minacce e insulti ma mai aggressioni fisiche. Secondo i Carabinieri mi stavano cercando apposta».
«Se si vogliono aiutare altre persone perché non succeda nulla di simile – conclude Betti – posso dare un unico consiglio: denunciate. È l’unico segnale che si può dare allo Stato e alle Istituzioni. Tutti i nostri parlamentari si rendono complici di questi omofobi. La legge sull’omofobia non è bella perché sembra che ci voglia prendere in giro ma a questo punto preferisco che passi una legge così piuttosto che il nulla».
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.