Aggredito e stuprato, rischia la galera per ‘omosessualità’

E' successo ad un ragazzino di 15 anni franco-svizzero che vive negli Emirati Arabi vittima di tre giovani arabi che ora rischiano la pena di morte. Ma essere gay, in quello Stato, è un crimine.

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Sta facendo scalpore la storia di un adolescente franco svizzero che a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, ha portato in tribunale tre cittadini degli Emirati (uno è minorenne) per aggressione e stupro. Una battaglia difficile, condotta dalla madre del ragazzo quindicenne, la svizzera Veronique Tobert: i tre rischiano la pena di morte, ma il giovane denunciante, che oggi li ha affrontati in tribunale, rischia per parte sua di essere perseguito dalla giustizia. Negli Emirati Arabi l’omosessualità è un reato, dunque lo ‘stupro contro un omosessuale’ non esiste e chi ammette di aver avuto contatti omosessuali, anche obbligati, viene socialmente bollato.

Il caso sta avendo grande risonanza anche in Francia, grazie a Veronique Tobert, giornalista di origini svizzere, che il 23 ottobre ha lanciato il sito internet www.boycottdubai.com.

"Ringrazio tutte le persone che hanno lasciato i loro commenti sul sito", ha detto da Dubai, dove ha assistito all’udienza del processo che oggi è stato aggiornato all’11 novembre.

Il sito chiede il sostegno del pubblico e di personalità affinché gli Emirati riconoscano il reato di stupro di natura omosessuale e si dotino di strutture adeguate per curare i malati di Aids. Uno dei tre aggressori è infatti sieropositivo e Veronique Tobert accusa le autorità di averlo tenuto nascosto. Il figlio, dopo lo stupro, sarebbe anche stato insultato come ‘omosessuale’ da un medico legale.

"E’ un vera battaglia quella che sto conducendo perché questo non capiti più", ha detto la madre che è una giornalista.

"Abbiamo fatto ricorso contro i governi di Abu Dhabi e di Dubai in Francia e in Svizzera per aver tentato di coprire la vicenda", ha aggiunto la signora Robert."Le autorità non ci hanno dato la possibilità di far curare nostro figlio con una terapia preventiva all’estero. Sapevano dal 2003 che uno degli aggressori era sieropositivo. Ma ci hanno mentito perché è una questione tabù", ha detto.

La vicenda risale al 14 luglio. Il giovane franco-svizzero in compagnia di un amico usciva da un centro commerciale di Dubai quando un giovane degli Emirati che conosceva ha proposto loro di riaccompagnarli in macchina con altri due sconosciuti. Ma il veicolo ha preso la strada del deserto dove si è consumata l’aggressione. La vicenda e la campagna condotta dalla signora Robert hanno provocato il crescente imbarazzo delle autorità degli Emirati, in particolare di quelle di Dubai, che vogliono fare del Paese un centro turistico e degli affari di importanza mondiale. 

La notizia si è diffusa grazie ad un articolo apparso oggi sul ‘Financial Times’.  Il processo ai tre non è ancora terminato – l’accusa e’ di sequestro di persona e di violenza sessuale -, ma i tre continuano a proclamarsi innocenti nell’indifferenza dell’opinione pubblica.

Veronique Robert ha anche accusato ‘l’intero sistema politico’ di aver tentato di dissuaderla dal procedere contro gli uomini affermando che suo figlio rischiava la galera per un accusa di omosessualità. Per il momento, il governo di Dubai non ha voluto commentare.

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