ALLE RADICI DELLA VIOLENZA

Intervista con De Leo, ordinario di Psicologia Giuridica

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3 min. di lettura

Il professor Gaetano De Leo è ordinario di Psicologia Giuridica all’Università La Sapienza di Roma ed è membro del Comitato Scientifico di Telefono Azzurro, l’associazione a difesa dei diritti dei bambini a cui, peraltro, Gay.it ha donato una campagna banner durante il mese scorso.

Professore, ci aiuti a capire dal punto di vista dell’evoluzione di un ragazzo di 10, 11 o 12 anni che cosa vuol dire avere rapporti sessuali con persone adulte, anche senza violenza.

Io posso fare riferimento sia a esperienze cliniche, sia soprattutto a esperienze di ricerca che ci danno grandi numeri su cui possiamo capire meglio fenomeni, trarre migliori conclusioni e anche fare generalizzazioni. Mi riferisco a soggetti in età evolutiva, sia quelli nella fascia 4 o 5 anni o della prima scolarità sia quelli della pre-adolescenza, fino ai 13 anni stabiliti dalla legge, ma anche da quel manuale PSM4 che indica la pedofilia come quel comportamento sessuale, che avviene tra un soggetto che ha meno dei 13 anni ed uno che ne ha almeno 5 più di lui. I ricercatori dicono in particolare che le forme di violenza sessuale che colpiscono questi soggetti danno vita a disturbi psicologici rilevanti fino al famoso disturbo post-traumatico da stress, in una percentuale che è leggermente inferiore al 50%. Questo significa che quasi il 50% dei casi ha un disturbo psicologico, per gli altri vi sono varie forme di disagio e di difficoltà che possono avere conseguenze sulla vita sessuale. Vi è infine una percentuale abbastanza consistente di giovani che secondo queste ricerche riescono a non avere disturbi rilevanti nel corso della loro vita: il trauma c’è stato comunque, ma la persona è riuscito a superarlo. La clinica conferma tutto sommato questi dati.

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C’è correlazione tra persone che hanno subito abusi nella loro età prepuberale e persone che dopo, una volta cresciute, hanno comportamenti di tipo pedofilo?

Sui grandi numeri questa correlazione sembra essere un pò meno forte rispetto a quanto uno può immaginare. Gli studiosi parlano di circa il 30% dei casi di trasmissione nel corso della vita dell’esperienza. Una buona percentuale non ha quindi questa linearità nel comportamento, da subito a fatto subire.

Sotto i quattordici anni, lei concorda sul fatto che c’è sempre e comunque violenza? E quindi sulla definizione attuale dell’età del consenso?

Come sempre la legge mette confini articiali ma che hanno un senso perchè da un punto di vista normativo ci orientano a dare grande importanza ad un consenso minimamente maturo nella relazione sessuale. Poichè un ragazzo al di sotto dei quattordici anni non è imputabile da un punto di vista penale, non può fare contratti di lavoro e tutta una serie infinita di negozi giuridici, è coerente che la legge consideri una inadeguatezza dal punto di vista della prestazione del proprio consenso. Nessun legislatore si preoccupa di andare a cercare reato se due dodicenni fanno tra loro delle esperienze che abbiano un contenuto sessuale, ciò rientrerebbe nella normale sperimentazione che avviene tra i bambini. E’ quando c’è uno scarto di età che diventa rischioso e manipolatorio rispetto al consenso e anche rispetto alla natura dell’esperienza.

Omosessualità e pedofilia…. alcuni giornali stanno facendo forse la solita confusione?

I testi sacri della psichiatria internazionale partono prima dalla pedofilia e poi distinguono tra quella orientata in senso eterosessuale e quella orientata in senso omosessuale; comunque si parte dal disturbo della pedofilia e poi si studia se è rilevante rispetto al genere. Ma è rilevante solo in una fase descrittiva, è assolutamente falso dire che l’omosessualità è causa della pedofilia o anche che è rischiosa. Semmai, può essere vero che una omosessualità vissuta in maniera lacerante e drammatica può essere una delle cause, in quanto è coartante e crea una difficoltà ad esprimersi ed a ricercare i propri pari.

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