AMORE ARABO-ISRAELIANO

Guerra e passione gay. Un altro conflitto in Medio oriente, dove il palestinese Fuad rischia di dover abbandonare il suo amato Ezra, ebreo. A meno che… non interveniate voi.

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MILANO – Il nodo mai sciolto si chiama Medio Oriente. Si chiama conflitto israelo-palestinese. Da lì scaturiscono odi che inevitabilmente hanno coinvolto quasi tutto l’Occidente. A farne le spese, come da tragico copione, uomini, donne e bambini inermi, innocenti. E in tutto questo gli omosessuali, da una parte e dall’altra, sono coloro che si battono o soffrono, vengono torturati e condannati con la fatwa, per mano di chi dovrebbe proteggerli.
Desideriamo occuparci di una grande storia d’amore che rischia di trasformarsi in una tragedia di un incompreso dolore. Ezra è un ragazzo israeliano, vive a Gerusalemme, una città perennemente in conflitto e contesa per la sua sacralità dalle due parti contendenti. Otto anni fa si è innamorato di Fuad Moussa, un omosessuale palestinese di 27 anni, originario di Ramallah. Dove non può la tregua dei trattati, arriva la pace dei cuori. Fuad pur essendo sprovvisto di permesso di soggiorno, va a vivere in un monolocale affittato con Ezra e lavora nella sua impresa. Per cinque volte il giovane palestinese viene bloccato dalla polizia e rispedito come indesiderato ai confini della sua città natale. Genitori e parenti, invece di accoglierlo, lo minacciano di morte. Nei territori palestinesi, purtroppo, la vita per i gay resta un inferno nell’inferno. Un amico di Fuad, anch’egli omosessuale, ha raccontato di aver assistito a pestaggi e torture da parte della polizia palestinese. Lo abbiamo scritto per altri casi (clicca qui). Per i gay nei territori non esiste speranza di vita. La scelta è tra una morte veloce e una lenta accompagnata da orrende e prolungate torture: occhi strappati, l’inserimento di metalli incandescenti e colli di bottiglie nell’ano, la testa assicurata ad un sacco pieno di escrementi, e quant’altra ferocia umana.
Per questo Ezra, tutte le volte, è andato a riprendere Fuad, facendolo rientrare a Gerusalemme nascosto nel portabagagli della sua auto. Qualche mese fa, l’ennesimo fermo della polizia israeliana. Questa volta Fuad finisce in prigione e davanti al giudice. Il suo ragazzo riesce a fargli avere gli arresti domiciliari ma il rischio più grosso resta il probabile rimpatrio a Ramallah, dove lo attende la morte. Noi di Gay.it contiamo di impegnarci per questo nuovo caso, oltre questo articolo e l’appello che segue. Abbiamo già chiesto ad organizzazioni israeliane come la Open House di attivarsi per la salvezza di Fuad Moussa, e anche il Parlamento Europeo è stato messo all’erta in tal senso.
Purtroppo per Fuad l’essere palestinese ha condotto la polizia israeliana a trattarlo come un potenziale pericolo, con la paura perenne di kamikaze e attentati. Fuad non è il solo gay in Israele ad essere diventato un apolide; di casi come il suo ce ne siamo occupati e non mancheremo di denunciarne altri. “Purtroppo”, ci spiega un israeliano che vive in Italia, “il Governo di Gerusalemme ha scoperto che molti potenziali ragazzi-bomba entrano in Israele fingendosi gay, ed è per questo che tutto è diventato più difficile”. Eppure nessun omosessuale è mai stato coinvolto in azioni terroristiche o anche di fiancheggiamento; nessun musulmano accetterebbe di collaborare con un gay; nessun gay palestinese si metterebbe a collaborare con la propria polizia che li tratta come spie per poterli condurre al patibolo.
Fin quando Fuad resterà nel monolocale a Gerusalemme insieme al suo compagno non rischia la vita. Le autorità israeliane, in un caso così lampante, potrebbero concedergli il permesso di soggiorno e il proseguimento della sua storia d’amore con Ezra. Tale potere spetta al Ministro degli interni Avraham Poraz.
Marco Cappato e Maurizio Turco, europarlamentari radicali, hanno investito del caso la Commissione Europea e scritto a Ehud Gol, ambasciatore d’Israele a Roma, e nel weekend faranno partecipi della questione l’Ilga, durante una loro assise a Bruxelles. Noi vi invitiamo a scrivere un appello (in inglese) al ministro Poraz, citando la carta d’identità di FuadMoussa, n.ro 851611707. Inviate l’appello via fax +972.2.5666376. O per mail a: sar@moin.gov.il; pniot@moin.gov.il. Lo stesso appello può essere spedito al Presidente Moshe Katzav, al fax: +972.2.5671314, o per mail: president@president.gov.il; public@president.gov.il. Potete mandare anche una copia “nascosta” del messaggio a: fuadmoussa@hotmail.com, usando la funzione “BBC” o “CCN”.

di Mario Cirrito

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