APPELLI ALL’UNITÀ CHE… DIVIDONO

Il Mario Mieli organizza un convegno sul Pride unitario, e Di' Gay Project non ci va. Ma annuncia che ne farà uno suo a ottobre. Forse la cosa che interessa a entrambi è un'altra. Quale?

APPELLI ALL'UNITÀ CHE… DIVIDONO - controverso separarsi - Gay.it
6 min. di lettura

S’è svolto pochi giorni fa un convegno sull’unità del movimento glbt, organizzato dal circolo “Mario Mieli” di Roma, che ha voluto che anche il Gay Pride romano fosse un Pride “unitario”.
Assente ad entrambe le iniziative: Di’Gay Project (da qui in poi: Dgp) importante gruppo romano.
Che però annuncia per ottobre un convegno.
Il tema? Ma l’unità del movimento glbt… ovviamente!

Ora, quando due gruppi della stessa città, parlando d’unità, iniziano col dividersi, i fatti e le parole raccontano due storie diverse.
È palese che qui non si sta parlando davvero d’unità (se no, i due gruppi inizierebbero col parlarsi), ma di qualcos’altro, che usa la parola “unità” come schermo.
E allora cerchiamo di capire cosa ci sia dietro allo schermo, e quale sia la posta in gioco, visto che l’unità – come dimostrano i fatti – non è la vera posta in gioco.

***

Roma è una città che, dal punto di vista gay, ha alcune caratteristiche particolari.

  • È la capitale. Il luogo fisico delle iniziative che hanno per bersaglio governo e Parlamento (e papato…).
  • Eppure è l’unica città importante per il mondo gay in cui l’Arcigay non sia mai riuscita ad avere un ruolo politico di primo piano. Roma è sempre stata egemonizzata da gruppi locali, potentissimi… ma solo in loco.
  • È una città in cui l’offerta commerciale gay è sottodimensionata rispetto alla domanda.
  • È l’unica città in cui il vuoto imprenditoriale sia stato colmato da un gruppo glbt, il Mieli, con una sua geniale iniziativa (che ha fatto scuola), il Muccassassina. Quest’iniziativa ha avuto un successo commerciale tale da garantire al Mieli entrate che per molti anni hanno superato le entrate di tutti i gruppi Arcigay sommati.

Quest’ultimo punto è essenziale per capire come il Mieli abbia potuto coltivare un duplice sogno.
Fare di Roma la capitale del mondo glbt italiano (un’idea certo non illegittima).
E sostituirsi alle organizzazioni nazionali glbt nei rapporti col mondo politico italiano (e questa era un’aspirazione un po’ meno sensata).
I mezzi per tentare questo “colpo” li aveva…

Un primo tentativo si svolse con la creazione di “Azione omosessuale”, coalizione dei gruppi nemici dell’Arcigay. Ovviamente, come tutte le cose nate “contro” e non “per” qualcosa, l’iniziativa ebbe visibilità discreta (deliziose le mises di Vladimir Luxuria alle manifestazioni), vita breve… e nessun risultato.

Un secondo tentativo si ebbe in occasione del World Pride. Nato come progetto unitario (l’idea fu del presidente di Arcigay), il Pride del 2000 divenne un terreno su cui il Mieli cercò di staccare da Arcigay i gruppi locali insofferenti verso la leadership di Bologna, ma non in grado di fare a meno di una leadership. Al tempo stesso, distinguendosi come principale critico della “commercializzazione” di Arcigay, il Mieli si propose come riferimento a tutti i gruppi nemici delle realtà commerciali (gli ex CoBaGal).
Tuttavia, nel giro di non troppi mesi gli uni e gli altri gruppi compresero che una leadership di Roma sarebbe stata ancora più ferrea di quella di Bologna (Roma avrebbe avuto molto più denaro, e molto più potere politico). Abbandonarono quindi il comitato organizzatore, e il Mieli sfiorò la catastrofe d’una manifestazione di soli romani.
Per fortuna gli attacchi papali salvarono in extremis la situazione, si ebbero 300.000 manifestanti, e tutti impararono la lezione. Cioè che solo uniti si vince.
Ciò non impedì che un’Imma Battaglia meritatamente euforica annunciasse dal palco che d’ora in poi tutte le manifestazioni nazionali glbt italiane si sarebbero svolte a Roma…
…Dopodiché la tradizione italiana del Pride nazionale itinerante riprese senza intoppi. E del monopolio sul Pride preteso dai romani non si sentì parlare più (anche se con quest’idea Imma Battaglia ce sta a pprova’ ancora).
Non a caso Imma Battaglia, nonostante i suoi meriti, non fu riconfermata alla presidenza del Mieli.
La defenestrazione sancì simbolicamente l’accantonamento del progetto d’egemonia romana sul movimento glbt.

***

Visti questi precedenti, i richiami all’unità del movimento gay nasconderanno forse ora il terzo tentativo di questo vecchio progetto?

No. Non di questo stesso progetto. Perché nel frattempo è cambiato qualcosa.
Che si chiama Di’Gay project.
Il nuovo gruppo, creato e guidato proprio da Battaglia, è legato al Gay Village, iniziativa commerciale d’enorme successo, messa in piedi da un consorzio d’imprenditori romani concorrenti di Muccassassina.
Oggi il Mieli ha un concorrente commerciale che lo minaccia nel suo punto di forza: gli incassi di Muccassassina.
Il suo problema non è quindi più fare di Roma la capitale glbt italiana ma, più modestamente, arginare la marea montante di Dgp e Gay Village.

Il Mieli oggi non ha più bisogno di seguaci, bensì di alleati, per non essere solo nella sua battaglia.
Da parte sua Dgp cerca di intercettare le alleanze che il Mieli vuol creare, per togliere acqua al pesce della concorrenza.

Ecco perché gli appelli all'”unità” si sono aperti con una clamorosa dis-unità fra due dei maggiori gruppi gay romani.
La posta in gioco non è qui l'”unità” del movimento gay, bensì l’assetto delle alleanze fra movimento gay nazionale e movimento gay romano da un lato, e fra gruppi gay romani e iniziative commerciali romane dall’altro.

Viste le dimensioni dei contendenti, non si tratta d’un tema di poco conto. Entrambi i gruppi sarebbero infatti potenziali giganti, se mai s’inserissero nella politica glbt nazionale.
Specie il Mieli: quasi due decenni di militanza sono un tesoro enorme d’esperienze, di conoscenze, sono un nome conosciuto, credibile e spendibile.
E se Dgp ha sfondato dal punto di vista economico, da parte sua il Mieli ha dimostrato d’avere risorse umane che Dgp non riesce a procurarsi.
Il Mieli è in grado di rotare le cariche (presidenza inclusa) senza entrare in crisi (ci provi, Dgp, a sostituire la Battaglia!), può gestire numerose iniziative contemporaneamente, può essere presente in massa alle iniziative del movimento gay, e resta, oggi come ieri, il gruppo romano col massimo successo di reclutamento. Ed ha ereditato l’organizzazione del Gay Pride di Roma (che ahimè gestisce come proprietà privata, nonostante le legittime proteste di Dgp).

Dgp, al fronte di tutto ciò, ha il punto di forza e il tallone di Achille nel fatto d’identificarsi con Imma Battaglia. È un gruppo ricco di mezzi e di contatti politici, ma povero di militanti. In grado di ottenere un’esclusivissima sala del Parlamento per un convegno, ma non di riempirla.
Ma non si può negare che oggi il gruppo di punta, quello che ha in mano il boccino  dell’iniziativa, sia Dgp.

Insomma: in questo scontro per il controllo di Roma la vittoria schiacciante di uno dei due contendenti appare (per fortuna!) assolutamente improbabile.
Ecco perché entrambi i contendenti stanno cercando alleati fuori Roma. Per questo sollecitano la partecipazione altrui… dietro le loro bandiere, nel nome dell’unità del movimento glbt!

***

Fin qui l’analisi. Passiamo alle valutazioni.

Questo sconvolgimento politico crea un’occasione, a mio parere da non perdere, per mettere fine a vecchissime polemiche di cui oggi nessuno ricorda nemmeno più l’origine.

Le posizioni politiche del Mieli e dell’Arcigay non sono mai state infatti così vicine (a differenza di quelle fra entrambi e Dgp, che ci tiene a “smarcarsi”). Qualcuno riesce a citarmi almeno due o tre punti su cui Mieli ed Arcigay hanno posizioni assolutamente inconciliabili?
Addirittura, il Mieli, per molti anni il più cocciuto nemico delle Unioni civili, ora ha convocato la manifestazione unitaria proprio su questo tema!
Insomma, Roma è infine entrata a far parte dell’Italia. Benvenuta!

A questo punto è arrivato il momento di osare e chiedere l’inosabile, per esempio chiedere cosa impedisca che il Mieli prenda coraggio ed entri a far parte di Arcigay

Idea audace. Certamente ostica per molte persone del Mieli, e per altrettante dell’Arcigay. Ma dalle conseguenze rivoluzionarie per tutti.

Se fosse messa in pratica, si creerebbe infine quella sponda romana del movimento gay nazionale, la cui mancanza fino ad oggi è stato un handicap sia per i romani che per gli altri gruppi gay italiani.

Il Mieli ha ormai capito (a differenza di Imma Battaglia), a giudicare dai suoi appelli, che da solo non può né diventare la locomotiva del treno del mondo gay italiano, né sostituirsi tout-court ad esso, monopolizzando i rapporti col Parlamento. E l’Arcigay romano (che quest’anno a Grosseto ha sfilato accanto ed assieme al Mieli…), fino a che avrà nel Mieli un avversario, non avrà mai un peso politico nazionale.

I vantaggi di avere nella capitale un forte e radicato gruppo gay capace di lavorare assieme agli altri, invece che contro di loro, sono tanti che non è nemmeno il caso d’elencarli.
Un Mieli che facesse parte del movimento gay nazionale, e che anziché descrivere i parlamentari gay come minacce per il mondo gay collaborasse con loro, moltiplicherebbe le nostre forze.

Da parte sua, il Mieli entrerebbe a far parte d’una realtà che ha un’abitudine consolidata alla collaborazione, che ai romani è sempre mancata.

Inoltre, visto che il Mieli non è un piccolo gruppo, la sua entrata in Arcigay non potrebbe che innestare una reazione a catena di cambiamenti in Arcigay stessa. (Al punto, diciamolo chiaramente, che lo scenario d’un presidente nazionale romano non sarebbe più, come lo è ora, assurdo. Potrebbe così realizzarsi pacificamente quel progetto che ai romani non è mai riuscito con le armi della sopraffazione).

Il matrimonio fra Mieli ed Arcigay assomiglia in conclusione a quei matrimoni contadini organizzati in passato tra la famiglia che possedeva terreno, ma non acqua, e la famiglia che possedeva una sorgente, ma non terreno.
È un matrimonio d’interesse, su questo non c’è dubbio. E non so se potrebbe essere anche un matrimonio d’amore…

Forse no.
Ma, tanto, la politica si occupa degli interessi… non degli amori.

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di Giovanni Dall’Orto

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