Come riportato negli scorsi giorni, circa un centinaio di membri appartenenti alla comunità LGBT (in particolare uomini gay), è stato incarcerato e torturato dalla polizia dell’ex repubblica sovietica dell’Azerbaijan a Baku, la capitale.
Uno di loro, che ha chiesto di essere identificato come Xeyal, ha raccontato la sua terribile esperienza a Buzzfeed: “Sono stato picchiato, fulminato da scariche elettriche e detenuto per nove giorni. Siamo prigionieri nella nostra nazione”. Ma non è l’unico, come si diceva: il numero esatto di persone catturate è ancora sconosciuto, ma Samad Ismayilov, caporedattore di Minority Azerbaijan (il primo magazine LGBT nazionale) e presidente dell’omonima associazione, stima un numero vicino ai 100.
“Sono troppo spaventato per contattare un avvocato” continua Xeyal. Ha cancellato tutti i suoi dati sul cellulare ed è fuggito da casa per il timore di essere arrestato nuovamente. È stato ripetutamente picchiato con un manganello sulla testa, sulle ginocchia, sulle braccia e sottoposto a scariche elettriche più di 30 volte. Torturato e costretto a rivelare i nomi di ex partner sessuali e forzato a firmare documenti senza poterne leggere il contenuto.
“Ti trattano come se fossi un assassino”.
Un altro testimone, che ha scelto di rimanere anonimo, ha confermato le torture e i brutali interrogatori, confidandosi con il magazine Gay Star News: “Ottengono in ogni modo i nomi e gli indirizzi di altre persone, così da poterli arrestare improvvisamente. Se ti rifiuti chiamano la tua famiglia o ti picchiano”. Molti di loro, adesso, sono senzatetto.
Javid Nabiyev, presidente del Nefes LGBT Azerbaijan Alliance, ha confermato le notizie emerse in un video Facebook: “Improvvisamente, senza alcuna chiara ragione per noi, gli ufficiali di polizia e il ministero degli Interni hanno organizzato dei raid contro omosessuali e transessuali”.
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