Omosessuali e transessuali detenuti in Azerbaijan: il report di Human Rights Watch

I soldi del Paese euroasiatico, importante hub energetico, valgono più dei diritti umani?

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2 min. di lettura

Il governo dell’Azerbaijan ha condannato alla prigione almeno 25 giornalisti e giovani attivisti nel corso del 2017: a confermarlo, nel suo report 2018 diffuso nelle scorse ore, Human Rights Watch.

Le leggi approvate contro le organizzazioni non controllate direttamente dal governo hanno reso difficile la vita ai gruppi indipendenti nazionali. Giorgi Gogia, direttore di Human Rights Watch per il Caucaso, spiega: “L’Azerbaijan deve porre fine a questo giro di vite, rilasciare chi è stato ingiustamente imprigionato e permettere ai gruppi indipendenti di proseguire nel loro lavoro senza alcuna interferenza”.

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L’estratto sull’Azerbaijan è tratto dalla ventottesima edizione del report di Human Rights Watch appena diffuso, lungo 643 pagine e riguardante più di 90 nazioni.

Tra le persone imprigionate nel corso del 2017, svela il rapporto, figurano Mehman Huseynov, giornalista e blogger condannato a due anni di prigione per diffamazione ai danni dello staff di una stazione di polizia (staff denunciato per gli abusi perpetrati) e molti membri dell’opposizione politica (tra cui il vice-presidente Gozel Bayramli) che stanno fronteggiando pretestuose accuse di contrabbando.

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Altri, condannati negli anni scorsi, rimangono in prigione come Ilgar Mammadov, leader del movimento democratico dell’opposizione REAL (Republican Alternative) in carcere dal febbraio 2013 nonostante una sentenza di tre anni fa della Corte Europea dei Diritti Umani che ha definito “illegale” la sua detenzione.

A settembre, ne avevamo parlato, decine di persone accusate di essere omosessuali, bisessuali e transessuali sono state torturate e maltrattate per estorcere mazzette e informazioni su altri appartenenti alla comunità LGBT. Sono stati condannati a passare fino a trenta giorni in prigione o rilasciati dopo il pagamento di una multa.

Stati Uniti, Unione Europea e altri partner internazionali dell’Azerbaijan hanno a più riprese condannato verbalmente la deriva autoritaria intrapresa dal Paese euroasiatico, ma poco o nulla è cambiato. Anzi, l’Unione Europea, tanto per fare un esempio, ha avviato da tempo negoziazioni per una collaborazione più strutturata con l’Azerbaijan, importante hub energetico.

L’economia vale più dei diritti?

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