Danimarca al cinema non equivale esclusivamente a Lars Von Trier. Certo, il maestro dogmatico ha dato un imprinting notevole ma esiste tutto un cinema danese da scoprire, anche queer, che si distanzia da Von Trier e merita di essere scoperto. L’occasione ghiotta è stata la serata dedicata proprio alla Danimarca del quinto Bari International Gender Film Festival, ‘Danish Delight’, raccolta di cortometraggi in collaborazione con Festival MIX Copenaghen e l’Ambasciata di Danimarca in Italia. A presentarli, Michaela Yordanova, organizzatrice di MIX CPH, e Johannes Pico Geertsen, regista di Project Baby.
Le tematiche affrontate sono varie: nel gustoso Odd Job Man di Marianne Blicher un sessantenne appena licenziato si trova a fare il tuttofare per un bar notturno dove si esibiscono drag queens. Verrà iniziato al palcoscenico e alla parrucca ma non tutto è paillette. Nel curioso doc Bi in Bias si affronta la tematica della bisessualità spesso trascurata e ‘mascherata’ dalla comunità queer come una fase di passaggio verso l’omosessualità.
Nel valido Project Baby di Johannes Pico Geertsen una coppia di uomini si trova a cena di due mamme lesbiche con l’intenzione di proporre una genitorialità ‘allargata’ per un bimbo da concepire tutti insieme ma le cose non andranno come previsto. Un curioso flirt tra un ragazzo danese e un uomo di colore in un appartamento da rifare è al centro di Renovation diretto da Bjarke De Koning.
A seguire, le proiezioni si sono concluse con la gradevole commedia Happy Ending di Hella Joof, regista di Una lei tra di noi. Una coppia etero in età, Helle e Peter (Birthe Neumann e Kurt Ravn) va in crisi perché lui ha comprato una quota di un’azienda vinicola dilapidando i risparmi di una vita. Lei è sconvolta, non si dà pace nella villetta vuota, non accetta la vita solitaria col cagnolino. Lui, al contrario, sembra rinato e si iscrive persino a un sito d’incontri. La vera svolta per lei è la frequentazione di una consulente finanziaria lesbica con la quale trascorre una notte d’inattesa passione: sarà lei a ridare senso alla sua vita e a infondere quel desiderio di novità che nel frattempo si era sopito.
Sono sempre di più le commedia sulla terza età, anche perché sempre più il pubblico cinematografico coincide proprio con questa fascia anagrafica. Happy Ending è una commedia raffinata e piacevole, un feel-good movie vitale vagamente malinconico in cui non vengono censurate le pulsioni sessuali dei protagonisti (di solito i sessanta-settantenni al cinema sembrano asessuati). Il rapporto tra la donna lesbica ed Helle è realistico e non giocato sul clichè del classico ‘rimorchio’ a tutti i costi da parte della donna gay. Alla fine, Happy Ending è un vero e proprio inno alla vita e alla possibilità di rinascere in qualunque momento se solo si riesce a cogliere la meraviglia anche nella routine di tutti i giorni.
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