Una bambina di sei anni è senza identità. Succede a Favaro Veneto, in provincia di Venezia. Dopo la reintroduzione di madre e padre nei moduli per richiedere la carta d’identità di una persona minorenne, come appunto un figlio, l’Ufficio Anagrafe del comune veneto non ha potuto procedere. In quanto la bambina ha due mamme. Quindi, per i dipendenti statali di Favaro, la coppia lesbica non può richiedere la carta d’identità per la figlia.
O meglio, la possono richiedere compilando solamente la dicitura “Madre”. Lasciando invece vuota la casella in cui si dovrebbe indicare il nome del padre. La piccola, prima di questo caso, era già stato al centro dell’attenzione dei media, locali e non, per l’indicazione del giudice, il quale aveva riconosciuto che la bambina era figlia di due donne. Ma il tribunale di Venezia, all’epoca, aveva indicato alle due mamme di dare l’opportunità alla bambina di frequentare anche persone non omosessuali. Per relazionarsi quindi anche con persone etero.
A Venezia situazione in stallo
La madre biologica della bimba ha spiegato al Corriere che i dipendenti dell’Ufficio Anagrafe si sono dimostrati molto attenti alla situazione e hanno cercato una soluzione, invano. Nonostante tutto, se inserissero il nome di una donna nel campo destinato al nome del padre, si rischierebbe che il documento si trasformi in un falso, scatenando una nuova serie di problemi.
A cercare di trovare una soluzione, le donne hanno chiamato anche i legali che le hanno assistite quando hanno adottato la piccola, la legale Valentina Pizzol e il collega Umberto Saracco.
Alla fine gli impiegati hanno preferito sospendere l’emissione della carta d’identità della bambina e chiesto chiarimenti al ministero dell’Interno che però, a distanza di oltre due settimane, ancora non ha risposto.
Silenzio dal Ministero, che ha ordinato l’eliminazione di “Genitori o di chi ne fa le veci” con una delibera, senza però dare indicazioni su come superare il problema.
Le due mamme, sconvolte, non sanno ora come procedere. E assieme a loro, anche molte altre famiglie omogenitoriali. Sempre la madre biologica, ha spiegato:
Mi chiedo come lo Stato possa mettere in una simile condizioni di disparità dei bambini rispetto ai loro coetanei – conclude la madre biologica di Anna – perché è evidente che un simile documento potrebbe risultare sospetto, se non addirittura irregolare, e metterli in difficoltà. Il decreto Salvini discrimina mia figlia ma anche la mia compagna, che ovviamente non ha alcuna intenzione di apparire nella carta d’identità della nostra bambina sotto la voce “padre”. Spero solo che si esca al più presto da questo vicolo cieco.
Intanto, molti ricorsi dovrebbero già essere arrivati al TAR. Il quale dovrà pronunciarsi, confermando o smentendo la validità della delibera ministeriale.
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