La leghista Giuliana Livigni dovrà finanziare un’associazione Lgbt

Giuliana Lavigni aveva affermato che l'assessora facesse delle iniezioni ai bambini per farli diventare gay.

giuliana livigni
2 min. di lettura

La candidata della Lega Giuliana Livigni dovrà risarcire l’ex assessora Elisa Serafini per la bufala che aveva diffuso e che le è costata un’accusa di diffamazione.

La Livigni è una ultracattolica leghista, candidata al partito di estrema destra e sostenitrice di Generazione Famiglia. Aveva affermato che l’ex assessora Serafini facesse delle iniezioni ai bambini per farli diventare omosessuali. Giuliana Livigni è inoltre una forte sostenitrice della famiglia naturale e tradizionale, che vede i membri della comunità LGBT+ come affetti da gravi forme patologiche. Secondo la candidata leghista le persone omosessuali verrebbero indotte da sacerdotesse del male, come appunto la Serafini.

Per questo motivo, si è tenuta qualche giorno fa la seconda udienza in tribunale per l’accusa di diffamazione. La Serafini, ex assessora al turismo del comune di Tursi, aveva denunciato la Livigni non tanto per la diffamazione, ma per punire il pregiudizio della donna verso le minoranze. La pena è stata molto particolare: 2.000 euro di donazione a un progetto riguardante la comunità LGBT+. “Destinerò questo indennizzo a progetti no profit che riguardino la tutela dei diritti civili e la promozione di una cultura di tolleranza e inclusione. Come racconta questa vicenda, c’è ancora molto da fare su questo fronte” ha spiegato Elisa Serafini.

Le iniezioni ai bambini

Giuliana Livigni aveva diffuso prima sui social e poi verbalmente la fake news riguardante appunto la Serafini, che avrebbe fatto delle iniezioni ai bambini per farli diventare gay. A confermare la bufala, c’erano anche dei video pubblicati su YouTube. La denuncia è scattata a giugno dello scorso anno, poco dopo le elezioni in città. La Serafini e la Livigni erano inoltre alleate, ma mentre la prima era stata eletta e aveva ottenuto il posto in giunta, la leghista non era entrata in consiglio.

A seguito della denuncia per diffamazione, la maggioranza aveva spinto l’assessora a ritirare l’accusa. Ma lei ha preferito andare avanti fino ad ottenere giustizia. Il motivo, ha spiegato, era molto semplice: occorre una battaglia di civiltà contro la diffusione delle bufale riguardante tutti i temi, ma soprattutto verso l’orientamento sessuale di una persona. Ora, la Livigni dovrà finanziare un’organizzazione pro LGBT+ e pagare tutte le spese legali.

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