Ha fatto parecchio discutere la decisione del carcere di Gorizia di aprire un’ala del proprio penitenziario esclusivamente ai detenuti omosessuali: in realtà l’area è attiva già da agosto 2015 e ospita, al momento, 3 detenuti omosessuali dichiarati, tra cui Cleto Daniel Tolpeit, il 45enne che lo scorso gennaio ha ucciso brutalmente la madre di 86 anni con trenta coltellate a Brunico.
La decisione è stata presa dall’amministrazione penitenziaria del Triveneto, che ha competenza sulle carceri di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige. In realtà questa soluzione non è cosa nuova: il segretario nazionale dell’Arcigay Gabriele Piazzoni rivela che spazi riservati ai gay sono stati ricavati all’interno di diverse carceri italiane già da anni. Per esempio, a Belluno è attivo uno spazio riservato esclusivamente ai detenuti transessuali.
Il provvedimento ha generato non poche polemiche: Alessio Macor, sovrintendente di Polizia penitenziaria della Fns-Cisl ha messo in luce le difficoltà conseguenti all’istituzione della sezione gay, che non è dotata di sufficienti risorse umane e materiali. Il risultato è che i tre detenuti omosessuali dichiarati (e definiti “problematici”) sono rinchiusi in due celle nell’ala ristrutturata del carcere, senza la possibilità di partecipare alle attività di recupero, culturali o ricreative, né dispongono di una sala colloqui vera e propria utile per i consulti con i propri avvocati. In una cella è rinchiuso uno, due nell’altra, e per mancanza di adeguato personale di sorveglianza non possono fare quasi null’altro oltre che passare le giornate chiusi nelle proprie stanze.
“La situazione è assai complessa da attuare con l’ attuale organico. Sono stati accorpati molti posti di servizi: pertanto tre uffici, che prevedevano tre unità più i sostituti al momento sono retti da una sola unità e anche gli altri addetti ai servizi fissi sono chiamati a coprire le esigenze del turno. Pertanto tutto il personale è allo stremo, arrivando a effettuare turni di 8 ore diversamente dalle 6 previste dall’ accordo quadro, raggiungendo anche 40 ore di straordinario mensili“, denuncia Macor. Attualmente risultano in servizio quaranta poliziotti, a fronte dei 43 previsti dalla pianta organica. Il problema è che soltanto 28 agenti sembrano realmente essere presenti nella sede, a causa di assenze a vario titolo.
“Garantire il benessere della popolazione carceraria dichiaratamente omosessuale è un dovere. Ma non è possibile realizzare un’iniziativa del genere in queste condizioni, in piena carenza di personale e in strutture non adeguate“, commenta il presidente di Arcigay Friuli, Nacho Quintana Vergara. In effetti il provvedimento può servire a tamponare temporaneamente il problema della discriminazione omofobica perpetuata nelle carceri, che spesso sfocia in violenza verbale e soprattutto fisica, ma non è la soluzione: bisogna trovare il modo di educare i detenuti all’accettazione di tutti e cercare di introdurre anche quelli LGBTI nei programmi di recupero, che sono un diritto di ognuno. Perpetuare una separazione del genere tra detenuti omosessuali e eterosessuali diventa a lungo termine una vera e propria offesa e di fatto incita i gesti di odio e discriminazione verso chi è diverso.
Speriamo che la situazione possa risolversi il prima possibile: è prevista una nuova fase di ristrutturazione della struttura a breve. Ma serve del personale sufficiente.
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