IN DIVISA, TRA UOMINI

Un poliziotto gay toscano ha incontrato suoi colleghi in varie città d'Italia, per parlare con loro, e creare una rete per unire i gay che indossano l'uniforme. Nel segno della solidarietà.

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PISA. Mentre in Olanda i membri delle forze dell’ordine sono stati ufficialmente autorizzati a sfilare in divisa al prossimo Gay Pride (la Marina presenterà persino un suo carro fatto a forma di nave da guerra…) in Italia si muovono i primi timidissimi passi per creare una rete di collegamento tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, o vigili omosessuali. Una sorta di embrione di associazione di “Gay in Divisa”, che fatica a concretizzarsi tra l’omertà e le discriminazioni di cui è intriso un ambiente prettamente maschilista come quello delle Forze dell’Ordine.

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Eppure qualcosa si muove: Francesco, un poliziotto gay toscano (il nome è naturalmente di fantasia) ha cominciato a incontrare suoi colleghi in varie città di Italia, a parlare con loro, a creare una rete attraverso la quale le persone che affrontano la difficile situazione di essere gay indossando una divisa possano finalmente sentirsi meno sole. E magari, fare forza comune per imprimere un cambiamento. Il tutto grazie a uno speciale “luogo di ritrovo” virtuale per poliziotti e Carabinieri gay, il sito internet https://it.groups.yahoo.com/group/gayindivisa/ sul quale decine di interessati stabiliscono un primo contatto per poi incontrarsi di persona.

Abbiamo incontrato Francesco che ci ha aiutato a far luce su una situazione ancora avvolta da fitte nebbie, facendoci partecipi della pesante aria, colma di mobbing e discriminazione che si respira negli uffici delle Forze dell’Ordine.

Francesco, come funziona il sito internet?

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Il sito serve a permettere alle persone di ritrovarsi conservando il rispetto della privacy. E devo dire che funziona piuttosto bene. Nel giro di pochissimi giorni dalla fondazione, c’erano più di cinquanta iscritti. Non tutti sono veri membri delle forze dell’ordine, ma tra noi ci si conosce tutti, quindi è facile capire chi è della polizia e chi no. Serve soprattutto per i primi contatti, ma ci sono anche scambi di esperienze o di consigli. Poi ci sono semplici cittadini che chiedono informazioni su come affrontare un certo problema. Ci sono anche quelli che cercano avventure con un uomo in divisa: ma a quelli generalmente non c’è risposta. Ci sono pochi Carabinieri, qualcuno della Polizia Municipale, molti Polizia di Stato e Guardia di Finanza. Per la distribuzione geografica, è difficile parlarne, perché spesso un meridionale fa il poliziotto al nord o viceversa. Comunque la maggioranza dei contatti vengono dal nord.

E che possibilità ci sono, secondo te, che questi primi contatti portino alla nascita un vero movimento?

Molto pochi. I contatti nati grazie al sito internet sono già molto importanti, ma creare un movimento è molto difficile. E’ già un grande sforzo che se ne parli. Io lo considero già una fortuna: grazie ai contatti stabiliti sul sito, ci sono già stati incontri a Roma, a Bologna, a Firenze, e così un gruppetto piano piano comincia a nascere. Questo è incoraggiante: c’è la volontà di uscire, di non sentirsi soli. Però moltissimi colleghi ancora oggi non pensano sia utile partecipare ai Pride. Questo a causa da un alto della cultura media italiana, sulla quale già ci sarebbe molto da dire, dall’altro del fatto che molti pensano poi di venire ripresi, di finire sul telegiornale, senza pensare che i media nei Pride cercano in genere l’aspetto più folcloristico…

Stai parlando di una partecipazione anonima, dunque…

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Certo. E’ già difficile quella… Io ho pensato a volte di partecipare in divisa, ma a parte che da solo sarebbe assurdo, ma anche con altri diventerebbe davvero problematico. Alcuni condannerebbero: ci sono delle persone all’interno dell’amministrazione o degli altri corpi di Polizia, che capirebbero, molte altre no.

Eppure in Olanda, ad esempio, le Forze dell’Ordine parteciperanno con il sostegno ufficiale della dirigenza…

Ma la distanza dalle altre nazioni europee è ancora abissale…Il problema è la società: io non vedo differenza tra società e corpo di Polizia. Se la società è fatta per un terzo di emeriti imbecilli, un terzo di ladri e un terzo di gente che fa qualcosa, tutte le professioni, comprese quelle cui si accede per concorso come questa, rispecchiano queste proporzioni. Inutile dire che il poliziotto dovrebbe essere onesto: il poliziotto viene dalla società, e come nella società uno su tre è un ladro, un poliziotto su tre sarà disonesto. E lo stesso meccanismo vale per tutto.

Ma perché un omosessuale dovrebbe cercare di fare una professione in cui sa che avrà dei problemi?

Raramente un gay convinto decide di entrare in Polizia. Io ci sono entrato per puro caso, per fare il militare, e lì per lì non mi ci sono trovato male. Ora penso che se avessi saputo che ambiente c’è, non ci sarei mai andato. I guai sono cominciati quando, essendo abbastanza apprezzato professionalmente, fui collocato in una posizione scomoda, in cui dovevo indagare sui colleghi, cioè la cosa peggiore che si possa fare. Ci mettono a fare questi lavori scomodi, un po’ perché siamo più bravi degli altri – sarà anche uno stereotipo, ma è così – e chi spicca, viene collocato a fare cose strane nelle quali si brucia. Prima di allora, avevo anche partecipato a indagini importanti, arrivando ad arrestare persone molto in vista, ma senza mai subire minacce o pressioni. Appena ho toccato i miei colleghi, sono cominciati i problemi: ho indagato su pezzi grossi dei Carabinieri, della Polizia, della Guardia di Finanza e dei Vigili, arrivando ad arrestarne qualcuno. Soprattutto da parte dei Carabinieri ho avuto problemi grossi, e anche dai poliziotti, meno da Finanza e Vigili Urbani. Alcuni colleghi hanno preso a seguirmi per cercare di scoprire qualcosa di illecito nella mia vita. Io convivo con il mio ragazzo, esco sempre solo con lui, e anche se per strada non faccio nulla, è facile arrivare alle conclusioni. Così hanno messo in giro la voce sul luogo di lavoro. Da qui sono successe a catena tutta una serie di cose: pur non essendo un reato, in un ambiente maschilista e macista come questo, puoi immaginare le conseguenze che questo ha avuto. Sono stato screditato sul lavoro, alcuni hanno preso le distanze da me, e infine sono stato rimosso da quell’incarico, per uno meno di prestigio. Poi sono stato risistemato.

E’ difficile quindi per un omosessuale ricevere incarichi importanti?

Sai, nessuno ti viene a dire “Tu sei così, quindi là non ti ci metto”. Però succede. Ad esempio, un mio collega, che addirittura non convive, non frequenta, se non in città lontane da quella in cui svolge il suo lavoro, quando si è dovuto occupare di una indagine interna, magicamente è uscita questa voce che lui è gay. Non solo hanno messo in giro la voce, ma hanno preso a chiamarlo frocio quando passava nei corridoi. Lui si è dovuto licenziare, poi parlando con i sindacati, sono riusciti a farlo riammettere. Tutt’oggi, però alcuni non eseguono i suoi ordini. Per darli, è costretto a comunicarli ad un altro che li dia. Non è un bel modo di campare. E la stessa cosa è successa anche ad altri. Ma in fin dei conti, succede a tutti quelli che rompono le scatole ai colleghi: agli etero magari li beccano che vanno a puttane e travestiti o nei club, a noi ci colpiscono così. Arrivati a questo punto, io mi dico: forse c’è un motivo per cui i gay non debbano starci. Sicuramente l’ambiente è sbagliato, ma se l’ambiente è così, effettivamente è meglio non esserci, perché non siamo funzionali, siamo ricattabili… Ad alcuni giovani appena arrivati, magari evidentemente gay, io consiglio di andarsene. Per me ora è difficile, ad oltre 40 anni, mettermi sul mercato del lavoro.

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Tu hai mai avuto relazioni con colleghi?

No, magari delle amicizie così forti che avrebbero potuto sfociare in qualcosa di più, ma mai nulla di concreto. D’altra parte è difficile anche incontrarsi fuori dell’ambiente di lavoro: io non frequento nessun locale, ma è una cosa che in genere evitiamo di fare un po’ tutti, almeno nella propria città. C’è un mio collega che sto cercando di aiutare che è stato aggredito in un posto in cui si va a battere. Essendo stato soccorso da un’ambulanza era impossibile negare di trovarsi lì. Da allora gliene fanno di tutti i colori. Ti posso però dire che, stando a quanto mi hanno riferito altri colleghi, ci sono dei colleghi sposati con figli che vanno con loro. Tantissimi sono poi i Carabinieri e i poliziotti, specie giovani, che vanno con i travestiti.

E le lesbiche, hanno più o meno problemi di voi?

Per certi versi possono avere meno difficoltà. Per altre di più. In realtà una lesbica è vista meno come qualcosa di strano, in un ambiente maschilista. Per altri aspetti, e soprattutto nei confronti delle altre donne, subiscono pesanti discriminazione. Ricordo un episodio: nel mio ufficio stavano prendendo del personale, e io sapevo che c’era tra le possibili candidate anche una ragazza lesbica. Una mia superiore si oppose alla scelta di prendere questa ragazza, affermando dapprima che era perché era “impresentabile” (si trattava di un ruolo in cui l’aspetto è importante) e dopo qualche provocazione, ammettendo che “oltretutto era anche lesbica”. Quindi penso che ci siano delle discriminazioni anche nelle lesbiche.

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