Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro è stato dichiarato colpevole dal Tribunale di Rio De Janeiro, e dovrà pagare 150.000 reais di danni morali per omofobia. La sentenza è arrivata giovedì scorso dalla Sesta Camera Civile del Tribunale di Rio de Janeiro, che ha confermato la condanna, a seguito di alcune dichiarazione che il presidente aveva fatto quando era deputato. Il presidente, apertamente e orgogliosamente omofobo, era andato a processo per delle dichiarazioni fatte nel 2011. A 8 anni di distanza, è arrivata la sentenza.
Per il premier Bolsonaro, 43.000 euro di danni morali non sono certo un problema. Ma anche in Brasile le dichiarazioni d’odio si pagano. Nonostante tu sia il presidente. In particolare, la sentenza riguarda la sua risposta alla domanda “Cosa farebbe se scoprisse di avere un figlio gay?” nel corso di un’intervista televisiva, nel marzo 2011. Senza pensarci troppo, il parlamentare aveva risposto che non correva questo rischio, perché i suoi figli “avevano avuto una buona educazione“.
Associazioni LGBT contro Bolsonaro
A denunciare Jair Bolsonaro sono state diverse associazioni brasiliane: Grupo Diversidade Niterói (Niteroí Diversity Group), Grupo Cabo Free de Conscientização Homosexual (Gruppo libero Cabo per la consapevolezza omosessuale e la lotta all’omofobia) e Gruppo Arco-iris de Conscientização (Gruppo di consapevolezza arcobaleno).
La giudice Luciana Santos Teixeira, secondo The Rio Times, leggendo la sentenza, aveva affermato che
Non si può deliberatamente attaccare e umiliare, ignorando i principi di uguaglianza davanti la legge, basati sull’invocazione della libertà di espressione.
Il presidente ora potrebbe ancora impugnare la sentenza e fare ricorso, ma non ha ancora annunciato se seguirà questa strada. Di certo, non è la sola accusa che potrebbe pendere sulla sua testa. Le dichiarazioni omofobe, sia da parlamentare che da presidente, allungano una già infinita lista. Tra le ultime, aveva spiegato che se un turista voleva andare in Brasile e avere rapporti sessuali con una donna era il benvenuto. Ma non avrebbe accettato un turista gay, “chiudendo” in un certo senso al turismo LGBT.
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