Il documentario +o- il sesso confuso, racconti di mondi nell’era Aids, proposto oggi agli studenti del Liceo artistico Toschi di Parma è stato proiettato agli studenti privo di alcune parti. Al film, infatti, mancavano due ampie parti, il che, spiegano i registi Adriatico e Corbelli, "ha creato una profonda alterazione del senso, della comprensione stessa dell’evoluzione sociale dell’Aids", oltre ad essere "un inconcepibile atto di censura".
Alla proiezione, un’iniziativa della Videoteca dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e della Der (Documentaristi Emilia Romagna), erano presenti anche i due autori che però non erano stati avvertiti della decisione, mentre il preside del liceo, Roberto Pettenati, dice di avere concordato i criteri di analisi e discussione "con l’associazione Der, per presentare la tematica in modo educativo agli alunni di una seconda classe". I tagli operati – ha aggiunto – "sono stati libera scelta del rappresentante Der" e "la scuola ha concordato con la Der l’esigenza di una presentazione calibrata in sintonia con la linea educativa attivata dai docenti in considerazione della fascia di età a cui era rivolta".
"La situazione è paradossale", ha raccontato a Gay.it uno dei due registi, Giulio Maria Corbelli (in foto). "Ci siamo sentiti dire mille volte che questo lavoro andava mostrato nelle scuole, che raccontava con il linguaggio giusto tutta la storia dell’Aids in una maniera che poteva essere accolta anche da chi non l’ha vissuta in prima persona, cioè i ragazzi delle nuove generazioni. Ed in effetti è accaduto: abbiamo fatto decine di presentazioni nelle scuole, tutte accolte in maniera davvero toccante, con centinaia di adolescenti in silenzio ad ascoltare lo svolgersi della storia sullo schermo, e, dopo, domande e curiosità hanno sempre animato il dibattito". Invece "Oggi – ha proseguito Corbelli – qualcuno ha pensato che i temi del sesso e della droga, indissolubilmente legati alla storia dell’Aids, potessero essere troppo delicati per sottoporli alla visione di ragazzi di 16 o 17 anni".
"Quando i ragazzi sono stati informati – da noi – che quello che era stato proposto loro era un vero e proprio esempio di censura preventiva, si sono molto arrabbiati e domande e curiosità sull’Aids e sulle modalità di realizzazione del film non sono mancate. Insomma, alla fine mi rendo conto che sopravvive in certi settori della nostra Italia una cultura del ‘meglio che non se ne parli’ che, secondo me, è la vera colpevole della strage di Aids o delle epidemie di malattie a trasmissione sessuale, così come delle azioni di odio omofobico o dell’intolleranza in generale. Bisogna guardare in faccia le cose – ha concluso Corbelli – e conoscerle per poterle cambiare: impedire a dei giovani di fermarsi a riflettere su quali rischi potrebbero correre facendo sesso o consumando sostanze stupefacenti è solo un modo per aggravare i danni che ne potrebbero ricavare".
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