Parliamo genericamente di “Trans”, secondo stime molto approssimative si pensa che in Italia ce ne siano circa 10.000, ma non tutti sanno a cosa ci riferiamo. Con il Bari Pride 2003 si nota l’inserimento di una nuova “T” nel consueto panorama “GLBT”. Una nuova marca di pesticida? Certo che no! Si tratta di un’abbreviazione che identifica “Gay, Lesbiche, Bisessuali e Transessuali”. A chi si riferisce, dunque, la “T” aggiunta? Chi sono i cosiddetti “Transgender”? Lo abbiamo chiesto ad alcuni professionisti e a chi vive questa condizione.
Il dr. Giuseppe Iaculo, psicologo, psicoterapeuta dell’Istituto di Gestalt H.C.C. (Human Comunication Center), spiega:”Il termine ‘Transessuale’ è utilizzato per indicare gli individui che attraversano o concludono un percorso di riattribuzione di genere, che può passare, in presenza di condizioni psicologiche e fisiche adeguate, anche per trattamenti ormonali e interventi chirurgici tesi a rendere l’aspetto corporeo congruente con quella che è sperimentata come l’identità di genere reale. Per ‘Transgender’ invece – continua Iaculo – ci si riferisce alle persone che vivono uno stato di non conformità con il proprio sesso biologico e che per motivi diversi (la ricerca del benessere personale, una posizione ideologica di ribellione verso ciò che è prescritto ed è rigidamente normativo, la scelta di sperimentare più parti di sé e di fare spettacolo attraverso il travestimento) decidono con consapevolezza di oscillare creativamente nel corso dell’esistenza attraverso il confine che divide i generi”.
Nel manifesto politico del Bari Pride 2003 si legge un paragrafo dedicato ai “Diritti delle Persone transessuali e transgender. Il movimento transessuale richiede a gran voce allo Stato italiano una legge semplice ma fondamentale per aiutare coloro che intraprendono un percorso di transessualismo […] Il movimento gay e lesbico unitamente devono sostenere la comunità transessuale, chiedendo all’Unione Europea prima e al Governo italiano poi, l’inserimento tra le cause di discriminazione quelle legate all’identità di genere”.
Il dr. Maurizio Palomba, dell’Istituto “Gay Counseling” di Roma spiega, restando in tema, un altro concetto molto importante: cosa si intende per “identità di genere”. “Essa ha origini biologiche – commenta Palomba – si tratta della convinzione di essere un maschio o una femmina. Sappiamo tuttavia che questa distinzione non è così rigida e le definizioni sono state rimesse in discussione. Sul tema del transessualismo posso dire che la riattribuzione degli organi di sesso, per quanto sia un intervento importante, non darà mai la possibilità di acquisire una identità di genere completa. E’ un tormento grande per quelle persone che, non riconoscendosi nel sesso di appartenenza, vivono in un corpo che non le identifica. L’identità, anche di genere se vuoi, vissuta a livello biologico, ha un riscontro dissonante sul piano fisico. Il tema, che riguarda anche l’ambito medico, è molto più ampio”.
A Marcella Di Folco, Presidente del M.I.T. Italia (Movimento di Identità Transessuale) abbiamo chiesto quanto sia marcata in realtà la differenza tra “Transessuale” e “Transgender”. “Il transessuale – spiega Di Folco – è quello che vuole fare il cambio di sesso, il Transgender invece non desidera farlo”. Una dichiarazione breve e concisa. Cosa risponde, Marcella, a quanti definiscono la realtà transessuale esclusivamente in termini di “fenomeno carnevalesco” o di “trasgressione sui carri” al Pride? Cosa sarà per lei e per il M.I.T. la sfilata del 7 giugno a Bari? “Quest’anno – afferma Di Folco – più che parlare di carri, sarà importante evidenziare il tema del Pride 2003, che è il lavoro; in un momento particolare, vedi il referendum sull’art. 18. Chiediamo ad alta voce l’uguaglianza di diritti sul posto di lavoro. Oggi ci sono differenti tipologie di lavoro, garantite e non. Questo non è corretto. Basta con le discriminazioni! Ciascuno deve avere uguali possibilità di accesso al mondo del lavoro”.
Dalla lettura dell’articolato 8, 15, 18 dello Statuto dei lavoratori si evince una norma che tutela il lavoratore da atti discriminatori, da indagini sulla sua vita privata e soprattutto dal licenziamento dovuto a ragioni inerenti l’orientamento sessuale e l’identità di genere in quanto esse, sicuramente, non rappresentano una “giusta causa”. Il problema è che la tutela da tali discriminazioni è completamente a discrezione dell’interpretazione del giudice, non essendo, queste, menzionate esplicitamente in alcuna norma come violazione.
Ulteriori informazioni su questo articolo sono disponibili ai siti web: https://www.giuseppe-iaculo.it
https://www.aiutogay.it/mp.html
https://www.mit-italia.it/
https://www.baripride.it/
di Pasquale Quaranta
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