Perché Marco Prato non doveva morire

La morte spezza le storie, non migliora mai niente.

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2 min. di lettura

Marco Prato si è suicidato.

C’è chi gioisce, c’è chi con delicatezza scrive: un malato di mente in meno. Io invece avrei preferito che Marco Prato restasse in vita, che comprendesse profondamente, radicalmente, il senso di quello che ha fatto e lo trasformasse magari in altro, utile anche agli altri.

Sì, avrei preferito un finale più umano.

La morte spezza le storie, non migliora mai niente.

Lo si sente dire sempre più spesso, complice anche l’ambiente emotivo dei social: il mostro deve pagare, non ha diritto a niente, deve soffrire fino alla fine, deve morire. Frasi come queste, dette più o meno consapevolmente, qualificano soprattutto chi le pronuncia (o le scrive). Chi pensa e scrive cose così, che se ne renda conto o meno, manifesta la nostra comune tendenza a prevaricare e fagocitare l’altro. Dentro di sé ha già attiva l’inquietante inclinazione a decidere chi deve vivere e chi deve morire, a ritenere la vita degli altri a nostra disposizione. Quella stessa inclinazione che porta a sostenere la pena di morte, che è un omicidio legale, ma pur sempre un omicidio. 

Marco Prato ha ucciso, ha seviziato, è vero: ma cosa sia diventato Marco Prato in seguito noi non lo sappiamo. È incredibilmente difficile da sopportare e accettare ma le persone non sono riducibili ai loro atti. Sono sempre in grado di trascenderli e andare oltre. Le persone sono esseri che sanno rendere le contingenze – i fatti – essenza. Imparano, diventano altro. E proprio per questo non andrebbero inchiodate a ciò che hanno fatto in passato. Né attraverso il nostro giudizio, né attraverso una situazione carceraria spesso disumana. 

Il caso Varani purtroppo ha avuto la peggior fine possibile. Sin dall’inizio si è rivelato un pessimo esempio di giornalismo, oltre che una vicenda orribile e straziante. E ora il suicidio di Marco Prato aggiunge assenza di senso ad assenza di senso.

Il male esiste e si manifesta in tutti noi, in modi e forme diverse. È un fatto. Forse però c’è la possibilità o almeno la speranza che questo mondo, il nostro, diventi un posto in cui chi compie il male venga aiutato a rendersi conto di ciò che ha fatto e che riesca magari addirittura a fare del crimine commesso uno strumento di trasformazione. Che ci aiuti a vedere meglio, a capire di più.

A vedere e capire, ad esempio, perché è così facile ritenere le vite degli altri a nostra disposizione.

Jonathan Bazzi

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interstella55 22.6.17 - 12:27

ma per piacere, Foffo era un tossicodipendente (come l'80 percento degli omossessuali), maniaco, killer..... si è VOLUTO uccidere, e a mio avviso ha fatto piu che bene....... il buonismo gratuito di questo articolo è vomitevole. Foffo ha ucciso un ragazzo con molteplici coltellate e martellate in testa, almeno chiedo un poco più di rispetto per i parenti della vittima uccisa da Foffo.

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    Jezekael 22.6.17 - 21:35

    Quella percentuale assurda da dove l'hai ricavata? ahahahahahahah Non so che razza di gente tu frequenti, ma a me non risulta affatto che sia come dici tu e non mi risulta nemmeno che ci siano dati statistici che possano dimostrare quello che hai scritto. Hai delle fonti? Dei documenti?

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      interstella55 26.6.17 - 14:13

      guarda, ci sono miliardi di articoli che descrivono ampiamente questa piaga....anche in questa pagina. poi non è difficile capirlo siccome basta accendere , gay romeo o grindr per vedere e testare, che la stragrande maggioranza usa droghe associate al sesso. se non sbaglio sono anche stati creati dei lungometraggi, presentati in diversi festival cinematografici italiani e non che trattano appunto il famnoso caso CHEMSFRIENDLY...... non vivo su marte. tu? e poi le razze che io pfrequento sono le stesse che frequenti te.

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        Jezekael 26.6.17 - 15:04

        Io sinceramente non frequento tossicodipendenti, al massimo gente che si fa una canna ogni tanto... Comunque quelle cose di cui parli si basano unicamente su reportage giornalistici che raccontano esperienze di clienti e avventori di locali notturni che vivono nelle grandi città, oppure su dichiarazioni anonime e questionari del tipo: "hai mai fatto uso di droghe?".. quindi non vedo come utilizzare quei dati e applicarli a una categoria specifica, in tantissimi, gay o eterosessuali, a una domanda simile risponderebbero "si" . E come ci sono locali gay frequentati da gente strafatta ci sono discoteche "normali" dove si vende e si consuma abitualmente droga. Di sicuro non è vero che l'80% dei gay farebbe uso di sostanze stupefacenti, sempre che in mezzo non ci ficchi gli alcolici e il tabacco.

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gedeone lo stilita 20.6.17 - 19:21

A mio avviso un atto voluto, cercato e perpetrato qualifica in pieno una persona. E ritengo sbagliata anche l'antropologia che emerge da questo articolo; per cui l'uomo è naturalmente buono ma la sua natura viene annebbiata dal Male. Come se il male fosse un Ente esterno alla persona. Che il Male (tanto varrebbe chiamarlo Diavolo) esista non è un fatto, è un'opinione. Ci sono uomini buoni e uomini cattivi. Poi è vero che le persone possono cambiare, ma l'atto voluto e perpetrato rimane, ha e deve avere conseguenze, per chi lo subisce e per chi lo perpetra.

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Luciano Ferrario 20.6.17 - 18:17

"IO AVREI PREFERITO CHE ... COMPRENDESSE PROFONDAMENTE IL SENSO DI CIO CHE HA FATTO". Penso che non fosse affatto un malato di mente, e che fuori dall'estasi delle droghe e della cocaina che hanno esaltato le sue emozioni e alterato le sue percezioni, lo abbia capito profondamente e abbia agito di conseguenza. RIP

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Valium 20.6.17 - 18:01

Francamente, se si ammazza saranno cacchi suoi. E di certo non può essere compatito più di tanto.

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Jezekael 20.6.17 - 13:11

Il testo di questo articolo dovreste inviarlo al prete che terrà i funerali....sarebbe un discorso ineccepibile per un funerale: falso buonismo a palate. Io non gioisco per la morte di questo individuo, secondo me era malato e aveva bisogno di cure psichiatriche, ma la reazione della gente alla notizia della sua morte è più che comprensibile.

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Daniele D'Alessio 20.6.17 - 12:24

La tua analisi è politicamente corretta. La pena dovrebbe tendere a rieducare chi ha commesso un crimine. E' questo è un sacrosanto principio democratico. Ma ti pongo delle domande. Cosa diresti alla famiglia della povera vittima? Se tu fossi un familiare del ragazzo ucciso penseresti le stesse cose? A volte è facile porsi da una posizione terza ed essere buonista. Ma credi che realmente una persona che ammazza senza alcun motivo un altro essere umano e, senza tener conto delle modalità e della crudeltà accertata dagli inquirenti, possa rieducarsi alla vita? Qui non parliamo di un furto o di un reato minore, qui si parla di aver volontariamente e senza alcun motivo tolto la vita ad un ragazzo, un ragazzo come tanti che aveva aspettative e speranze per il suo avvenire. E questo a prescindere da ogni ricamo giornalistico sulla vicenda. Io credo che Marco Prato ha capito che nessuna pena lo avrebbe rieducato alla vita dopo il gesto commesso e che l'unica soluzione era quella di pareggiare i conti. A me dispiace che le vite umane vengano distrutte cosi; ma credo che allo stesso tempo ci siano crimini dai quali non ci potrà mai essere alcun riscatto. Questo ne è un esempio!

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Jackinobello 20.6.17 - 11:08

Uno degli omicidi più efferati di questi ultimi anni, mi ha ricordato come violenza la terribile storia del canaro della Magliana ma li almeno si poteva trovare una qualche giustificazione nei tanti soprusi che il canaro aveva subito dalla sua vittima negli anni. Qui invece un massacro ingiustificato di quel povero ragazzo. Poteva essere vostro fratello o un vostro amico. Basta col finto buonismo.

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    Jezekael 20.6.17 - 13:01

    Infatti la storia del Canaro è completamente diversa, almeno quello aveva una giustificazione, per anni aveva subito soprusi e ricatti da parte di quella persona che è poi diventata la sua vittima. In questo caso invece non si parla nemmeno di futili motivi, è stato un omicidio commesso da due nullafacenti figli di papà, che strafatti di cocaina, si sono divertiti a torturare e uccidere una persona a caso.

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