Che cosa rende un’attrice un’icona gay? La domanda si fa ancora più intrigante se la si pone in riferimento a quella che è giustamente considerata l’icona gay (e non solo, a dire il vero) del cinema americano: Marilyn Monroe, di cui in questi giorni ricorre il 40esimo anniversario della morte.
Marilyn è stata ed è tuttora la personificazione del fascino della femme fatale che da sempre ha suscitato una sua attrattiva peculiare sul mondo omosessuale.
Sarebbe forse capzioso interrogarsi sui motivi di questa attrattiva: è un dato di fatto che Marilyn ha affollato l’immaginario gay sin da quando la sua apparente e vulnerabile innocenza coniugata ad un innata sensualità hanno reso la sua immagine immortale. Jeff Cohen, Danny McWiliams e Bob Smith danno, del perché questo abbia presa sull’immaginario gay, una spiegazione umoristica ma convincente in quella sorta di manualetto autoironico all’accettazione di sé che è "Piccoli gay crescono" (ed. Feltrinelli) purtroppo attualmente introvabile nelle librerie.
Gli autori danno la seguente descrizione dei «due pilastri fondamentali su cui si basava l’estetica gay del cinema: la dolce nostalgia per un passato più affascinante insieme all’ardente passione per il campione del box office». Marilyn Monroe incarnò l’uno e l’altro "pilastro": una grande popolarità ha consacrato ogni suo film, e la sua immagine (soprattutto dopo la sua morte, ma in qualche modo anche mentre era in vita) ha evocato uno splendore appartenente al passato, una sorta di nostalgia perenne legata a una insoddisfazione di sé irrisolvibile. La vita di Marilyn fu una dimostrazione delle sue lotte personali così come del suo spirito, ed è per questo che una parte di lei continua a sopravvivere oltre la sua immagine di leggendaria diva di Hollywood.
Nata il 1° giugno 1926 con il nome di Norma Jeane Mortenson, e ribattezzata in un secondo momento come Norma Jeane Baker, da una madre che soffriva di disturbi psichici e da padre sconosciuto, Marilyn cresce presso varie famiglie adottive. Nella sua breve vita, continuerà a vagare di famiglia in famiglia, sposandosi tre volte, la prima a sedici anni con Jimmy Dougherty, un giovane di 21 anni che conobbe mentre lavorava in una fabbrica di assemblaggio per autoveivoli. Il secondo matrimonio, con il famoso giocatore di baseball Joe DiMaggio durò appena nove mesi, mentre il terzo marito, il commediografo Arthur Miller, "resistette" dal giugno ’56 al gennaio ’61.
Artisticamente, il suo successo si nutre dell’ambiguità tra l’immagine di "bionda superficiale", e un vissuto drammatico e che la portò poi a continue crisi esistenziali. I fotografi hanno ritratto sia la sua sensualità che il suo carattere denso di contraddizioni e debolezze, e non si può negare che gran parte dell’enorme successo che Marilyn ha avuto, è dovuto al fatto di sapere comunicare attraverso il suo corpo e il suo sguardo emozioni così contrastanti.
Marilyn Monroe ha fatto 30 film lasciandone uno, Something’s Got to Give, incompleto, e nel 1962, ricevette il Golden Globe riaffermando fama e riconoscimento mondiali. Morì durante il sonno la notte tra il 4 e il 5 agosto 1962, lasciando molti misteri intorno a sé: una sua presunta relazione con il presidente degli Stati Uniti Kennedy, e soprattutto un grosso interrogativo sulle cause della morte, che alcuni continuano a sostenere non essere stata provocata da un suicidio.
Il quarantesimo anniversario della morte dell’attrice è stato anche celebrato recentemente dal Festival del Cinema a Tematiche Omosessuali di Torino, che ha riproposto A qualcuno piace caldo e Quando la moglie è in vacanza, del grande Billy Wilder, recentemente scomparso, e i documentari Marilyn on Marilyn di Paul Kerr e il belga Norma Jean dite Marilyn Monroe, che conta sulla voce di Catherine Deneuve.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.