Nella giornata di ieri Silvana De Mari è stata condannata dal Tribunale di Torino a una multa di € 1500 per aver accusato il movimento LGBTI di voler «annullare la libertà di opinione e diffondere la pedofilia», al risarcimento dei danni da liquidare in separato giudizio civile, e a una provvisionale di € 2500 per ciascuna associazione.
In festa Rete Lenford-Avvocatura per i diritti LGBTI e il Coordinamento Torino Pride, che erano stati ammessi come parte civile nel processo, ma a festeggiare sui social, incredibile ma vero, è stata anche la stessa dottoressa, che ha esultato su Facebook (prima di cancellare tutto): “Sono stata assolta per le offese alle persone omosessuali perché è stato riconosciuto che parlare come ho parlato è stato un mio diritto, anzi è un mio dovere di medico. Quello che ho detto su questi argomenti si può dire! Evviva! Sono stata condannata per le frasi sul movimento Lgbt che ho accusato di rapporti ambigui con il movimento pedofilo e di tentativi di limitare la libertà di parola“.
In sua difesa, quest’oggi, ecco arrivare Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia che ha spesso accolto sul suo La Croce le deliranti dichiarazioni della De Mari sull’omosessualità, a suo dire curabile.
“L’impressione è che a Torino abbiano voluto dare un colpo al cerchio e una alla botte”, scrive Adinolfi su Facebook. “Le associazioni Lgbt esultano più che altro per essere riuscite a ottenere artificiosamente il diritto a comparire in giudizio come parti lese in un processo su dichiarazioni generiche rispetto ai comportamenti omosessuali. Questo è un precedente pericoloso. La condanna è di fatto inconsistente, si tratta di una lieve multa, per capirci Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli per diffamazione sono stati condannati analogamente più volte e dunque quando si fa opinione questi sono gli incerti del mestiere. Verrebbe da dire a Silvana che anche la lieve condanna è una medaglia, ha difeso il diritto di tutti ad avere una libera opinione anche se politicamente scorretta, pagandone il prezzo come solo le persone davvero libere sanno fare. Il bavaglio con cui le associazioni Lgbt volevano zittire tutti noi con l’intimidazione, ora sanno dove possono metterselo“.
Reagire agli insulti, alle offese, alla denigrazione continua, alla disinformazione, sarebbe quindi ‘intimidazione‘, secondo Adinolfi, a cui lasciamo volentieri quel che lui chiama ‘bavaglio’, per pulirsi da tutto quell’odio e da quella rabbia continuamente schiumata, con fare a dir poco ossessivo.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.
Se è una malattia, dateci la 104