Decisive le riprese di una telecamera, che avrebbe permesso di identificare quattro agenti di Polizia, accusati di essere i responsabili della morte di Zak Kostopoulos, l’attivista omosessuale ucciso nel mese di settembre di quest’anno ad Atene. A causa delle botte dei quattro sospettati, Zak avrebbe avuto un attacco cardiaco. Invece di soccorrerlo, gli agenti lo hanno ammanettato e l’intervento dei paramedici accorsi sul posto non è servito per rianimarlo. E’ morto durante il trasporto in ospedale.
La vicenda sulla morte di Zak Kostopoulos è ancora pieno di interrogativi e dubbi sulla vicenda. Per questo motivo il magistrato ha considerato come prova rilevante il video della telecamera di sicurezza, che ha ripreso la scena dimostrando che la testimonianza del gioielliere (proprietario del negozio dove Zak era entrato) non coincide esattamente con la realtà dei fatti.
Cosa mostra il video su Zak Kostopoulos?
Il video mostra Zak con un estintore in mano, all’interno della gioielleria in Gladstonos Street, vicino alla piazza Omonia, ad Atene. In quel momento, l’attivista per i diritti LGBT stava cercando di abbattere una vetrina, dopo essere stato accerchiato da alcuni uomini presenti all’interno del negozio. Anche fuori dalla gioielleria, il gruppo ha continuato a prenderlo a calci, fino a quando non si è accasciato sul marciapiede.
Qui, il mancato intervento dei poliziotti che anziché controllare il suo stato di salute lo hanno ammanettato, è stato fatale. Quando l’ambulanza è arrivata, gli agenti hanno stretto una manetta alla sbarra della barella, in modo che non potesse fuggire. Ma non c’era pericolo: lo confermò il medico del pronto soccorso, che chiese agli agenti “Perché ammanettate un morto?“.
L’inizio del processo
I quattro poliziotti non sono i soli indagati per la morte del ragazzo. A giudizio ci sono anche le persone che lo hanno picchiato selvaggiamente dentro e fuori dalla gioielleria, identificati e fermati. La famiglia di Zak si è attivata affinché tutti i responsabili vengano accusati di omicidio. L’inchiesta cercherà anche di capire se il 33enne poteva essere salvato con un intervento adeguato da parte dei medici che lo hanno soccorso.
Gli indagati hanno tempo fino al 12 dicembre per preparare la difesa. La storia di Zak ha sconvolto la comunità LGBT greca e non solo. Per richiedere un’approfondita indagine, le maggiori associazioni si erano attivate con dei sit-in davanti alle ambasciate. Il 6 novembre, anche le associazioni LGBT+ italiane hanno organizzato una manifestazione davanti l’ambasciata greca a Roma.
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