La stampa locale lo ha definito “un bambino dal sesso incerto” o addirittura “senza sesso”. Ma il piccolo nato qualche giorno fa all’ospedale Vittorio Emanuele di Gela potrebbe essere intersessuale, ovvero presenta caratteristiche genitali sia maschili che femminili. Un caso che ha scatenato reazioni di ogni genere tanto da spingere ad intervenire anche il presidente della Regione Rosario Crocetta che dopo avere avanzato più che una perplessità sull’opportunità di diffondere la notizia da parte dei mezzi d’informazione che per primi hanno parlato del caso, ha auspicato che “non venga fatta violenza su questo bambino”. “Dovrà essere lui quando sarà in grado di capirlo – chiosa Crocetta – a decidere se essere maschio o femmina”. E cita una sentenza della corte costituzionale colombiana secondo cui il volere del bambino prevale anche rispetto a quella dei genitori.
Ad avanzare dubbi sull’identità del piccolo è il primario di Ostetricia dell’ospedale, Dott. Michele Palmeri secondo cui “è difficile identificare il sesso del bambino. L’ermafroditismo è un’altra cosa: non si può escludere, ma è solo una delle possibilità”. E qualcuno parla già di interventi chirurgici e terapie specifiche.
Proprio a Rosario Crocetta l’associazione Certi Diritti invia una lettera aperta sulla questione perché “in attesa che l’Italia segua le raccomandazioni dell’Assemblea del Consiglio d’Europa, riteniamo che le Regioni possano fare qualcosa”.
A scrivere è il segretario nazionale Yuri Guaiana. Secondo Guaiana la Regione potrebbe emanare una legge per ribadire “il diritto del bambino all’integrità psico-fisica e che vieti il ricorso a trattamenti medico-farmacologici non necessari o trattamenti chirurgici cosmetici e non vitali su genitali sani solo perché atipici. Un tale dispositivo legislativo dovrebbe prevedere anche la responsabilità civile e amministrativa del medico che avesse praticato interventi sul corpo atipico, ma sano, del/la bambino/a, in caso di successivi danni fisici e morali”. Ma sono anche altri gli interventi che la Regione potrebbe portare avanti, come suggerisce Guaiana, come “prevedere una seria indagine conoscitiva del fenomeno, attraverso la raccolta di dati presso le strutture sanitarie dell’isola e l’audizione di esperti, associazioni e persone adulte intersex/dsd, e il monitoraggio dello stesso”.
Non dovrebbero mancare poi i corsi di aggiornamento per il personale sanitario oltre alla creazione di “centri qualificati all’interno delle strutture sanitarie per la tutela della salute e del benessere delle persone intersex/dsd e dei loro familiari ai quali ci si possa rivolgere e dove si venga adeguatamente informati sul fatto che esistono opzioni alternative agli interventi di “normalizzazione” e irreversibili, e che esistono associazioni di pazienti ed ex pazienti, gruppi di volontari/e, studiose/i, attiviste/i, nonché persone adulte intersex/dsd con cui gli interessati possono parlare, confrontarsi e ricevere supporto”.
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