New York Times e la notizia dei 100.000 morti di AIDS nel 1991: tutte le differenze con la prima pagina per il Covid-19

Differenze terrificanti tra i 100.000 morti americani da AIDS E i 100.000 morti da Covid-19. Stesso giornale, a 29 anni di differenza, ma diverso trattamento della notizia.

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La prima pagina del New York Times pubblicata pochi giorni fa, con 1000 nomi riportati tra i 100.000 decessi USA da Covid-19, con tanto di mini-biografie, ha fatto il giro del mondo, entrando di diritto nella storia del giornalismo.

Non erano semplicemente nomi in un elenco. Eravamo noi”. “I numeri da soli non possono misurare l’impatto del coronavirus sull’America”, ha scritto il celebre quotidiano, raccogliendo consensi unanimi per la potentissima scelta di una simile prima pagina. Ma c’è chi ha fatto notare una clamorosa e dolorosa differenza, ovvero Peter Staley, con un New York Times pubblicato 29 anni or sono, quando l’AIDS arrivò alla medesima cifra di vittime negli Stati Uniti d’America. 100.000.

Era il 1991 e l’AIDS veniva ancora definito ‘la peste dei gay’. Meno se ne parlava, tanto alla Casa Bianca quanto sui grandi quotidiani e in tv, e meglio era. Questo perché stava uccidendo i più deboli, vedi omosessuali, prostitute, tossicodipendenti. Il 25 gennaio del 1991 il New York Times diede la notizia dei 100.000 morti da AIDS a pagina 18, con un breve trafiletto. Nessun nome, nessuna foto. Apparentemente, quella notizia venne ritenuta meno importante di un articolo sul nuovissimo francobollo del Servizio Postale degli Stati Uniti, che prendeva quasi l’intera pagina.

“Gli Stati Uniti riferiscono che i decessi per AIDS ora superano i 100.000”, si leggeva nel minuscolo titolo. Sotto c’era un virgolettato preso dall’Associated Press, perché il New York Times non si preoccupò nemmeno di scrivere un proprio pezzo originale. “Il Centro federale per il controllo delle malattie ha affermato che il bilancio delle vittime sta salendo, i suoi ricercatori hanno previsto che nei prossimi tre anni moriranno di AIDS almeno altri 215.000 americani”. Freddo, puramente statistico. Un pezzo che letto oggi fa venire i brividi, ma che dovrebbe far capire il clima mediatico e politico che all’epoca circondava la crisi di AIDS. Lo stigma era tale che il presidente Reagan tardò spaventosamente ad interessarsene, fino a quando anche persone eterosessuali cominciarono a contrarre l’HIV, ad ammalarsi di AIDS, a morire.

Il numero di morti per AIDS negli Stati Uniti ha alle fine superato la soglia dei 700.000 decessi. Come ha ricordato pochi giorni fa il New York Times omaggiando le vittime da coronavirus, “nessuno di loro era un numero”. Erano amici, amanti, bambini, fratelli, genitori, esseri umani quanto i morti da COVID-19. E in quanto tali meritavano altrettanto rispetto.

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Fonte: PinkNews

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