Pochi giorni dopo l’appello che i giudici di Venezia hanno rivolto alla Corte Costituzionale perché si pronunci sulla possibilità che il divieto implicito del matrimonio gay contenuto nelle nostre norme sia incostituzionale, anche la Corte d’Appello di Trento chiede il parere della Consulta.
Le vicende sono molto simili e originano entrambe dalla Campagna di Affermazione Civile lanciata dall’associazione Certi Diritti e supportata da molte altre associazioni e coppie gay su tutto il territorio italiano. Come a Venezia, due coppie , una gay e una lesbica, si sono viste rifiutare le pubblicazioni matrimoniali da parte dell’ufficiale di Stato Civile della loro città. Assistiti dall’avvocato Alexander Schuster delle Rete Lenford, parte attiva nella campagna di Affermazione Civile, i quattro si sono rivolti al tribunale e, dopo il parere negativo del primo grado, hanno fatto ricorso in Appello. Ed è proprio al secondo grado di giudizio che i giudici hanno deciso di rivolgersi alla Consulta.
A riportare la notizia il sito notiziegay.it.
"Si tratta di questione rilevante e non manifestamente infondata. Non vi è dubbio infatti – scrive il collegio dei giudici trentini – che rispetto all’epoca in cui sono state incardinate le norme disciplinanti il matrimonio si è verificata un’inarrestabile trasformazione della società e dei costumi che ha portato al superamento del monopolio del modello di famiglia tradizionale ed al contestuale sorgere di forme diverse di convivenza che chiedono (talora a gran voce) di essere tutelate e disciplinate".
Mai giudici si spingono oltre e smentiscono, con argomentazioni legali, le tesi di chi si oppone al matrimonio gay adducendo presunte motivazioni basate sulla Carta Costituzionale. "Quanto sopra osservato non può essere superato da un’interpretazione secondo cui il matrimonio deve e può essere consentito solo a coppie eterosessuali a ragione della sua funzione sociale, principio secondo taluni ricavabile dall’art. 29 Cost. (norma che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Detto principio infatti si limita a riconoscere alla famiglia un suo ruolo naturale, nel senso che da un lato lo Stato non può prescindere da tale realtà sociale a cui tende per natura la stragrande maggioranza degli individui e, dall’altro, afferma che la famiglia è fondata sul matrimonio; ma certo esso non giunge ad escludere la tutela della famiglia di fatto (che prescinde dal matrimonio) o ad affermare la funzione della famiglia come granaio dello Stato".
"Esprimo viva soddisfazione per la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Trento, secondo i quali il matrimonio gay non è per nulla contrario ai dettami della Carta Costituzionale – dichiara Enrico Oliari, presidente di GayLib-. Il matrimonio gay o il riconoscimento dei diritti della coppia omoaffettiva sono realtà consolidata in quasi tutti i Paesi dell’Europa Unita e l’Italia, ‘Culla del Diritto’, è ormai superata in materia persino dalla Colombia, dal Sudafrica e da nazioni del Terzo Mondo. Certo è che la Magistratura si sta mostrando più preparata ed attenta al bonum comune della classe politica, di destra e di sinistra, ormai incline ai moralismi più discriminanti pur di non perdere il voto cattolico".
"Dopo il Tribunale di Venezia anche quello di Trento considera fondate le ragioni delle coppie gay che chiedono di accedere all’istituto del matrimonio e per questo ha deciso il rinvio alla Corte Costiuzionale – si legge in unan ota di Sergio Rovasio, segretario di Certi Diritti -. Consideriamo questo passo una grande vittoria per tutto il movimento lgbt italiano. La campagna di Affermazione Civile continua. In Italia sono quasi 30 le coppie gay che hanno aderito a questa battaglia di civiltà che persegue le via legali vista la totale indifferenza e paralisi di quasi tutta la classe politica sul tema delle unioni civili, del matrimonio gay, dei diritti civili e umani delle persone".
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