La storia della coppia di Pavia, discriminati per il loro orientamento sessuale, ha fatto molto scalpore ed è rimbalzata in tutti media nazionali. La donna, scoperto che i due ragazzi stavano insieme, si è rifiutata di proseguire con il contratto di affitto della casa, accettando comunque i 1.200 euro di caparra che le avevano consegnato in contanti. Soldi che, fortunatamente, sono stati ritornati dalla stessa, quando li ha raggiunti sul posto di lavoro per urlargli “Siete gay, non vi affitto casa mia“.
Come riporta Il Fatto Quotidiano, Stefano e Fabio raccontano come si siano sentiti a seguito di quell’incursione vergognosa. Insultati pesantemente, proprio davanti ai loro colleghi, e semplicemente perché erano una coppia.
Sembrava fossimo noi in torto per aver nascosto qualcosa di illegale, come succedeva con gli ebrei.
Ma adesso, i due ragazzi hanno deciso di procedere con la denuncia. Inizialmente erano incerti se portare la donna in tribunale o lasciar perdere, ma il ripensare al modo in cui sono stati trattati è stata la spinta che aspettavano.
Non deve passare il concetto che nei nostri confronti si può agire come si vuole, anche con violenza, senza pagarne le conseguenze, come se tutto fosse lecito. Noi camminiamo a testa alta per Pavia, dove viviamo felici delle nostre scelte e non abbiamo mai avuto problemi. Ma sappiamo che c’è chi non è fortunato come noi, magari non ha nemmeno l’appoggio della famiglia ed è portato a nascondersi. È anche per loro che andiamo avanti e vogliamo ristabilire un principio di giustizia.
La loro decisione è dettata anche dalla rabbia, dal fatto che sembra quasi che qualsiasi persona con dei pregiudizi si senta legittimata a offendere una persona solo perché gay.
Le domande che hanno fatto insospettire la coppia di Pavia
Fabio e Stefano, notato l’annuncio interessante, hanno chiesto un appuntamento per vedere la casa, al quale si presenta una parente della donna. Ed è stato un amore a prima vista. Il giorno dopo, incontrano la proprietaria per definire il prezzo e i lavori di cui necessita l’abitazione. La casa è praticamente affittata. Senza fiatare e senza garanzia di bloccare la casa per loro, la donna intasca i 1.200 euro di caparra.
Da lì a pochi giorni si sarebbero visti nuovamente, per firmare il contratto e per la consegna delle chiavi. Fabio e Stefano sono al settimo cielo: si trovavano in centro a Pavia, in un’abitazione tutta per loro. Ma la donna si fa insistente. Inizia a telefonare prima per sapere perché Fabio aveva ancora la residenza a Firenze (città in cui viveva prima), poi per avere la dichiarazione dei redditi. Poi le domande iniziano a essere più intime, e inutili per un contratto di affitto. Con insistenza, si arriva al punto: la donna vuole sapere con chi era sposato Fabio.
Le ho chiesto il perché di tutte quelle domande e lei mi ha aggredito, iniziando a urlare e dicendo che non ci avrebbe mai affittato la casa perché siamo due uomini sposati.
Il mattino dopo si è presentata al posto di lavoro, e senza mezzi termini ha confermato che lei non affitta ai gay.
Siete fortunati a riavere la caparra, avrei potuto anche non restituirla.
Da qui la decisione di denunciare, vista la presenza di un accordo orale tra e parti.
È vero che ognuno in casa sua può metterci chi vuole, però una volta che chiedi tutto quello che vuoi sapere e accetti anche dei soldi, vuol dire che hai deciso. Quello che non è ammissibile è che queste persone abbiano agito come se avessero la ragione dalla loro parte. Non so cosa sia scattato nella testa della proprietaria, forse la paura di essere etichettata come quella che affitta la casa ai gay. Che si tenga pure questi ragionamenti da Medioevo, noi andiamo avanti per i tanti Fabio e Stefano che non hanno la forza di denunciare.
Una battaglia, quindi, per ottenere giustizia non solo per loro, ma per tutti coloro che si trovano a essere discriminati per il loro orientamento sessuale.
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Per intanto questa gentile signora dovrà restituire il doppio della caparra e cioè 2400 euro. E' stata lei a rinunciare al contratto e tanto prevede la legge sulle locazioni. Poi , in sede civile ( non essendovi ancora , purtroppo , la aggravante dell'omofobia) , i due ragazzi potranno chiedere un risarcimento danni .