Tutti sanno che la T della sigla LGBT rappresenta la comunità transgender, ma alcuni si chiedono perché è stato inserito qualcosa che ha a che fare con l’identità di genere e non con l’orientamento sessuale. Oggi proviamo a rispondere a questo quesito. Le persone transgender da sempre fanno parte attivamente della comunità LGBT, basti pensare a Sylvia Rivera, la donna trans icona e simbolo dei moti di Stonewall.
Tutto ciò che riguarda il sesso, sia inteso come rapporto sessuale che come organo sessuale, attira l’attenzione della società, che vorrebbe racchiuderlo in dei canoni ristretti e ben precisi. Tutto quello che esce da questi rigidi limiti, come l’omosessualità e la disforia di genere, è considerato diverso, strano. Molte persone transgender attraversano i confini dell’orientamento sessuale, che spesso viene confuso con il fattore identitario. Una ragazza MtF a cui piacciono i ragazzi, prima della transizione viene scambiata per un ragazzo gay, e i ragazzi FtM a cui piacciono le ragazze, per lesbiche. Con l’adeguamento di genere la cosa si capovolge, ma è normale che il rifugio iniziale sia la comunità LGB. Del resto, le persone transgender possono comunque avere orientamento omosessuale, basti pensare alle ragazze MtF lesbiche, molte delle quali felicemente sposate con donne, e ai ragazzi FtM gay, a cui capita di sentirsi dire la frase “se volevi stare con gli uomini, non ti conveniva rimanere donna?” Forse è più conveniente sì, ma tu diventeresti mai donna soltanto perché è più conveniente? No, perché ti senti uomo e stai bene come tale. Ecco, per i transman è uguale, hanno un’identità maschile e si sentono bene soltanto come tali.
Le persone transgender che hanno un orientamento omosessuale, bisex o pansex, hanno quindi una doppia appartenenza alla comunità LGBT, sia per orientamento che per identità.
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