PERCHE’ SIAMO GAY?

Una risposta a questa domanda l'hanno cercata inutilmente in molti. Da Platone a Voltaire, da Freud a Hirshfeld e Dean Hamer. Fra psicologia, sessuologia, genetica. E tanti pregiudizi.

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6 min. di lettura

“Perché siamo gay?”. Una risposta a questa domanda l’hanno cercata inutilmente in moltissimi e l’enigma è ancora ben lontano dall’essere svelato.

Tanti, anche fra gli omosessuali, non demordono e cercano di sciogliere l’arcano. Se siete fra di loro o semplicemente volete confrontare le vostre risposte con quelle di altri vi proporrò uno sfumato e per forza di cose generico numero di risposte storiche alla domanda altrimenti ci vorrebbero centinaia di pagine per esaurire l’argomento.

Senza andare troppo indietro nel tempo una tra le risposte più antiche che ci sono giunte è quella di Platone che si rifà al mito e racconta nel Simposio che nel passato “c’erano tre sessi umani, non due, maschio e femmina soltanto ma ce n’era un terzo che partecipava dell’uno e dell’altro”. Se questo potrebbe in qualche modo riferirsi non all’omosessualità ma soltanto all’androgenia Platone continua sull’omosessualità affermando che in origine gli individui avevano quattro braccia, quattro gambe e due teste e due sessi. Si potevano trovare individi con due sessi differenti, maschile e femminile, oppure individui con due sessi identici: femminile e femminile o maschile e maschile. Gli dei divisero a metà queste creature e questo spiega perché nella nostra vita cerchiamo la parte da cui siamo stati separati. Tra le parti divise c’erano naturalmente, per Platone, anche quelle gay.

Non sappiamo se tale spiegazione accontentasse i gay di allora che potevano avere rapporti solo negli stretti confini dell’età permessa e i giovani passivi non dovevano mostrare all’amante educatore di godere del rapporto sessuale. Altro che paradiso…

Proseguiamo con il Medioevo un millennio nel quale l’omosessualità fu poco studiata e per lo più condannata. L’analisi dei testo sacri a partire dalla Genesi con il rogo della città di Sodoma tacciò l’omosessualità semplicemente quale peccato contro natura. Gli studi densi di slanci mistici verso il Creatore individuavano cause molto banali per il vizio sodomitico che erano: ad un sodomita manca la fede o la volontà di frenare l’impulso verso il peccato oppure la sodomia è una tentazione diabolica a cui il vizioso non resiste o, ancora, la sodomia serve nei rituali magici degli stregoni.

Queste cause, per nulla provate, portarono al rogo innumerevoli sodomiti, il numero non lo sapremo mai, in una sorta di terapia d’urto contro il “vizio” che mirava ad estirpare il vizio alla radice. Inutile dire che non ci riuscirono e i sodomiti si creavano spazi sociali di azione.

In seguito nemmeno l’età romantica durante la quale i roghi continuarono e l’illuminismo sembravano poter trovare una risposta plausibile alla domanda. Sentite Voltaire, uno tra i massimi esponenti di quest’ultimo movimento di pensiero, con quale tono dipingeva gli omosessuali nel suo Dizionario Filosofico: “Com’è possibile che un vizio, distruttore del genere umano se si generalizzasse, che un attentato infame contro la natura sia peraltro così naturale? Parrebbe il grado ultimo della corruzione riflessa, e tuttavia è il retaggio ordinario di quelli che non hanno avuto ancora il tempo di corrompersi. E’ entrato in cuori vergini, che non hanno ancora conosciuto né l’ambizione né la frode né la sete di ricchezza; è la gioventù cieca che, per un istinto confuso, precipita in un tale disordine all’uscire dall’infanzia”. Sempre il filosofo immagina che la sodomia dipenda da un “inganno della natura”. Uno sbaglio quindi la legge naturale per chi è d’accordo vuole che il maschio sia creato per la femmina e viceversa. Non male per un luminare.

Ma veniamo quasi ai giorni nostri con un processo culturale che gli storici hanno nominato medicalizzazione della sessualità e che possiamo far incominciare nel 1869. Vari studiosi, chi con più fantasia chi con meno, incominciano a sondare seriamente il sesso, campo coperto da oscurantismo più o meno totale e colmo di tesi emotive e per nulla esaustive.

La sessuologia si interessa in principio di quello che sembra essere fuori dalla norma e innumerevoli “masturbatori”, sadici, masochisti, “sciupafemmine” diventano oggetto di studio. Non mancano, anzi peccano quasi di presenzialismo, gli studi sui gay.

Magnus Hirshfeld, tra i più celebri sessuologi tedeschi, sosteneva che l’orientamento sessuale era una caratteristica immutabile ed strettamente correlata con la personalità. Per lui l’omosessualità non era una malattia ma, molto semplicemente, una caratteristica immutabile dell’individuo del tutto simile al colore degli occhi o a quello dei capelli. Se la tesi appare meno densa di pregiudizi omofobi è stata tra le meno ascoltate.

Hirshfild non fu l’unico a studiare senza pregiudizi l’omosessualità. Notevolmente interessanti sono gli studi di Ulrichs, primo militante gay che la storia ricordi. Secondo lui l’omosessuale era un vero e proprio terzo sesso e l’omosessualità si sviluppa a livello fetale. E’ evidente che questi due tentativi di spiegazione si collocano a livello biologico ma anche la psicologia che stava movendo i primi timidi passi incominciò con alcune ipotesi sulla genesi dell’omosessualità.

Lo studioso Richard Von Kraft-Ebing considerava l’omosessualità una deviazione neurologica e mentale la cui causa si doveva cercare in un eccesso di attività masturbatoria; la masturbazione all’epoca era considerata una malattia. Anche Freud intervenne in questo dibattito stabilendo che l’orientamento sessuale dipendesse dal superamento, durante l’infanzia, del complesso edipico. Se tale complesso non fosse stato superato il bambino si sarebbe precluso la possibilità di maturare un orientamento eterosessuale. Al contrario si sarebbero potute sviluppare numerose patologie tra le quali l’omosessualità. E’ da questo che è nato lo studio anche delle cause dell’omosessualità nei genitori del gay che in qualche modo possono favorire o impedire il superamento del complesso o gli studi che parlano di immaturità dell’omosessuale

A queste tesi sono da aggiungere quelle innumerevoli che si collocano a mezza strada tra il biologico e lo psicologico o al di fuori e che con estrema fantasia danno risposta a “Perché siamo omosessuali?. Niceforo ad esempio dice che l’inversione sessuale può dipendere da suggestione. Ebbene un individuo debole e senza forza di volontà non riesce ad opporsi ai “malvagi desideri di un amico con cui ha usato prima l’onania [masturbazione, ndr.] mutua”. Albert Moll ritiene, al contrario, che essendo la masturbazione diffusissima, non è possibile che induca alla perversioni

Così Raffalovich che afferma nel suo L’uranismo che “si nasce più o meno invertito e si può dventar tale sia durante il periodo di indifferenza sessuale…sia molto tempo dopo” per vari motivi: “le circostanze, l’isolamentio, i mali esterni e i cattivi consigli, le letture e le conversazioni, un seduttore giovane e appassionato…il disgusto dell’eterosessualità…le malattie, la vanità, la cupidigia o anco la necessità”. E’ evidente che nessuna di queste cause spiegava definitivamente l’omosessualità ma se non vi bastano ve ne propongo altre prese a caso tra i numerosi autori che tentarono di svelare l’enigma: ripugnanza per il sesso opposto, timore di infezioni , ricerca di nuove eccitazioni, per il cattivo odore che esala il corpo della donna avvertito solo dai pervertiti, incontinenza, amore contrastato, ereditarietà e altro, tanto altro.

Tutte queste tesi convissero beatamente lungo tutto il ‘900 e vennero riproposte da altri studiosi che le propinavano come gli ultimi ritrovati in tema di omosessualità Tra gli studiosi italiani da ricordare c’è ad esempio Nicola Pende nel filone biologico che negli anni cinquanta sosteneva che l’omosessualità dipendesse da una insufficienza produzione di testosterone (che è per antonomasia l’ormone maschile) e proponeva di curare i gay con capsule di testosterone di scimmia da impiantare nel pube. L’effetto, ricorda qualche gay che negli anni cinquanta provò la cura è un aumento della crescita dei peli e nient’altro…

Le tesi contemporanee sono mene dense di pregiudizi anche se non stupisce che qualche sedicente psicologo dichiari alla stampa che l’omosessualità dipende dal mancato superamento del complesso edipico come faceva Freud cento anni fa senza considerare che molte teorie sono evidentemente superate.

Attualmente lo della genetica sembra il più in voga per chi cerca una risposta.

Dean Hamer nel 1993 individuò, mentre cercava il gene dell’omosessualità, una regione cromosomica che, a suo dire, influenzava l’orientamento omosessuale nei maschi. Gli studi successivi smentirono Hamer ma il dibattito su omosessualità e genetica è ancora aperto. L’ipotesi più interessante rimane quella del 1986 di Pillard e Weinrich che stabilirono dopo una lunga ricerca che non solo la genetica aveva a che vedere con l’omosessualità ma anche “le cause ambientali” e quelle biologiche. Nulla di nuovo quindi nella spiegazione dell’omosessualità e, possiamo pure ipotizzare che qualcuno, prima o poi, riproporrà il mito Platonico per spiegarci!

Non mancano nemmeno oggi le tesi curiose. Le Vay, ad esempio, ha stabilito che una zona del cervello dell’omosessuale maschio è più piccola di quella dell’eterosessuale. Le sue ricerche sono state molto criticate dagli scienziati.

Dopo questo excursus ben lungi dall’essere esaustivo che risposta possiamo dare alla nostra domanda? Nessuna anche perché nessuno studioso sa cosa sia e da cosa dipenda nemmeno l’orientamento eterosessuale e l’affermazione che l’eterosessualità garantisce la riproduzione della specie non è sufficiente a spiegare l’eterosessualità.

Probabilmente l’omosessualità dipende da più fattori ma anche se dipendesse da uno solo non vorremmo che uno studioso decida di eliminarlo perché essere omosessuali, almeno questo l’abbiamo stabilito, non è un vizio, non è un male, non è diabolico, non è contro-natura e se lo si vuole può essere decisamente favoloso.

di Stefano Bolognini

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