Un caso difficile quello di Como, che ha portato la coppia a citare il Comune di Como. La sorte del bambino e dei suoi genitori, quindi, sarà decisa dal giudice. Ma questa volta, il problema non è il solo riconoscimento di entrambi i genitori di una coppia LGBT. O meglio, è così, se non fosse che entrambi sono genitori biologici. Facciamo un passo indietro, per capire come si svolge questa storia.
Un uomo e una donna decidono di sposarsi. L’uomo, però, è transgender e prima dell’unione civile decide di iniziare il processo di transizione. Tutto procede per il meglio, ora è una donna sia dal punto di vista fisico che burocratico. Prima del processo, però, aveva congelato il suo seme, per utilizzarlo una volta sposati. Dopo l’unione civile al Comune di Como, infatti, le due donne decidono di avere un bambino, utilizzando il seme della donna trans, attraverso la fecondazione assistita. Anche stavolta, tutto va per il meglio. Almeno, fino a quando non si recano in Comune, sempre a Como, per richiedere il riconoscimento.
Nonostante abbia la paternità biologica, il Comune di Como non riconosce la donna
Arrivate all’ufficio anagrafe, infatti, una delle due mamme chiede di essere registrata come padre biologico, come di fatto sarebbe corretto fare. Ma il Comune dice no. Avendo cambiato sesso, non può vantare questo diritto. La donna allora cerca di spiegare che avendo dato il seme prima della transizione, sarebbe comunque il genitore biologico, ma non c’è nulla da fare.
E così, come spesso capita, la facendo finisce in Tribunale. Come riferisce il Corriere della Sera, il quale ha dato notizia del fatto, il mese prossimo la coppia LGBT e il Comune di Como sono attesi davanti al giudice. Il suo compito sarà quello di stabilire se la donna transessuale possa essere riconosciuto come padre biologico del bambino, essendo contemporaneamente anche la madre.
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