Primarie Pd, Laura Puppato: Io credente dico sì a nozze gay

E' l'unica donna in corsa per le primarie del Pd e si dice favolrevole al matrimonio gay e anche alle adozioni. Qualche perplessità, invece, sulla fecondazione assistita. Gay.it l'ha incontrata.

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Ancora non ci sono una data certa e regole definitive ma il processo delle primarie del Partito Democratico procede con l’aggiunta di nuovi candidati. Dopo Matteo Renzi, già Laura Puppato. Nata nel 1957 a Crocetta del Montello, in provincia di Treviso, sposata e con due figli, è approdata alla politica nei primi anni 2000 con alle spalle una carriera di imprenditrice nel settore assicurativo-finanziario. Dal 2010 è consigliere regionale del Veneto. Ha dichiarato di aver deciso di candidarsi quando si è accorta che la competizione si stava fossilizzando su due soli candidati in una maniera che non le sembrava facesse bene al PD e al centrosinistra. Da ex presidentessa di una sezione locale del WWF la sua passione per le tematiche ambientali è chiara e forte.

"L’Italia – esordisce Puppato – è un Paese che ha bisogno di concepire un presente e un futuro di qualità, anche perchè questo è il nostro brand nel mondo, nel senso che siamo considerati uno dei Paesi con le più belle caratteristiche storiche e paesaggistiche, aspetti che andrebbero tutelati nel nostro stesso interesse e che invece sono sempre stati piuttosto trascurati".

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Parliamo di coppie dello stesso sesso, in Italia ancora senza nessuna legge. Qual è la sua posizione su questo aspetto?
Io credo che dobbiamo necessariamente non creare differenziazioni legate all’orientamento sessuale. Quello delle discriminazioni purtroppo è un problema che nel nostro Paese trova ancora asilo, checché se ne dica, altrimenti si sarebbe già provveduto a dare certezza dei diritti alle persone che scelgono di vivere in coppia e che scelgono di voler condividere un percorso, esattamente come avviene in una famiglia creata da due persone di sesso diverso. C’è bisogno di un’accelerazione su questi temi.

Matteo Renzi ha annunciato che nei suoi primi eventuali cento giorni di mandato farebbe una civil partneship modello britannico. Che ne pensa? 
Penso che ci sia il bisogno prevedere una certezza dei diritti civili, che hanno a che fare con vari aspetti: quello economico, quello affettivo, le conseguenze sugli aspetti che riguardano il lavoro, non vi sono incidenze solo sugli aspetti amministrativi. Deve esserci a tutti gli effetti una regolarizzazione corretta, adeguata a fare in modo che le persone che si riconoscono come famiglia abbiano i diritti previsti per la famiglia diciamo ordinaria. 

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Lei le considerebbe famiglie a tutti gli effetti o pensa ad un qualcosa di separato? 
Si possono definire assolutamente famiglie, perchè se andiamo a diluire il concetto non rendiamo merito a questa realtà.

Il cardinale Bagnasco la scorsa settimana ha detto che si vuole solo “affermare ad ogni costo un principio ideologico, creando dei nuovi istituti giuridici che vanno automaticamente ad indebolire la famiglia". Che ne pensa?
Vorrei dire a Bagnasco che, mentre è legittima la sua opinione, all’interno stesso della chiesa vi sono altre posizioni e questo deve renderci evidente un fatto: che al di là delle convinzioni religiose, molto profonde, che io stessa ho, l’Italia è un Paese laico e che dunque non può né dal punto di vista giuridico né amministrativo scivolare sulla china di un’attesa delle istituzioni religiose. Non sarà la piena accettazione (giuriduca, amministrativa, anagrafica, sociale, di lavoro) che produrrà automaticamente un incremento delle coppie gay ma al contrario penso che questa corretta applicazione di una norma non discriminante possa portare proprio le coppie gay a individuare il momento in cui è opportuno dichiarare la volontà di procedere insieme in un lungo cammino. Quello di cui non ci si rende conto è che impegnativo è il matrimonio, a prescindere dagli aspetti religiosi, e impegnativo è il rapporto di coppia laddove la convivenza si trasforma in un fatto dichiarato e quindi una “famiglia” vera e propria. L’impegno delle persone, di qualunque sesso, a costituire questo nucleo che è l’embrione della società è un impegno che ha un valore per la società stessa.

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E per quanto riguarda i figli?
Su questo ho alcune perplessità. Non mi sembra accettabile che si inserisca all’interno di una coppia dello stesso sesso la necessità di rivolgersi all’estero per poter intervenire in maniera anche pesante sul corpo di una persona in funzione di una maternità che non appartiene alla biologia della natura umana. Sull’adozione sono invece molto possibilista perchè la vedo come una cosa meno forzata dal punto di vista biologico, meno artificiosa.

Quindi le sue perplessità riguardano soprattutto l’accesso alle varie tecniche di fecondazione assistita piuttosto che le adozioni, giusto? 
Esatto. Vorrei aggiungere che considero tutto questo un work in progress, nel senso che tutta la parte relativa alle adozioni, così come tutta la normativa relativa alla procreazione assistita, debba passare attraverso un’attenta osservazione, proprio per il benessere che dobbiamo garantire ai bambini. Bisogna studiare queste cose e vedere come hanno agito e quali sono gli indicatori sociali nei Paesi nei quali già si è intervenuti offrendo queste opportunità, per capire bene quale sia il nostro diritto/dovere di cittadini.

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In Italia tuttavia vi sono già migliaia di bambini di coppie dello stesso sesso nati grazie a queste tecniche. Sono bambini che crescono in famiglie nelle quali uno dei due papà o mamma non è ufficialmente una figura genitoriale, anzi addirittura per lo Stato i due genitori sono l’un per l’altro degli illustri sconosciuti. Vede il problema? 
Certo, diventa una famiglia monogenitoriale mentre in realtà ad accudire il bambino è una coppia. Questa è evidentemente un’ulteriore distorsione che va verificata, e mi riservo di farlo. Io per affinità e per convinzione personale potrei anche dirle immediatamente che questo deve cessare avendo a cuore il fatto preminente che comunque questo bambino, se cresciuto da una coppia dello stesso sesso, possa considerare entrambe le persone che lo accudiscono di fatto come propri genitori.

Sono anni che nel nostro Parlamento aleggia una legge per punire i reati motivati dall’odio verso le persone gay, lebsiche e trans ma ancora non si è arrivati a niente. Come procederebbe?
A mio avviso è un percorso che è già iniziato, nonostante dal punto di vista legislativo non vi sia ancora nessuna novità concreta. Il percorso che dobbiamo fare automaticamente produrrebbe effetti nella società italiana. Bisogna riconoscere il diritto di ogni persona di poter vivere il proprio orientamento sessuale, semplicemente e in piena libertà, e quale soluzione migliore che una società che riconosca questi rapporti affettivi come un dato “famigliare”? Io ritengo che tutto questo sia assolutamente propedeutico e che servirà ad evitare quella strisciante omofobia che ancora oggi purtroppo in certe occasioni vediamo.

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Chiariamo: nel suo progetto vi sarebbe la possibilità anche per le coppie gay e lesbiche di potersi vedere riconosciute come famiglie attraverso l’introduzione di un nuovo strumento legislativo creato ad hoc, giusto? 
No, la registrazione del matrimonio, cioè l’atto amministrativo, è identico.

Lei, dunque, sarebbe a favore della possibilità anche per le coppie dello stesso sesso di poter accedere allo stesso matrimonio civlie cui accedono le coppie etero?
Sì, dal mio punto di vista proprio questo diventa l’impegno del quale parlavo prima. Un matrimonio a tutti gli effetti: la certificazione della volontà di due persone di amarsi e di procedere insieme in un cammino.

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Ne consegue che condivide quello che si apprestano a fare in Francia, ovvero permettere anche alle coppie dello stesso sesso di potersi sposare. 
Nel modo più assoluto. Se ho ancora qualche riserva riguarda solo l’aspetto di come procedere per i figli, però per tutto il resto i tempi mi paiono assolutamente maturi. E credo che questa posizione non sia solo un fatto anagrafico o di registrazione amministrativa, e che possa produrre anche effetti positivi nella società. Fino ad ora in Italia è stata fatta una politica “di pancia” che in realtà stava più indietro rispetto alla mentalità della gente. Bisogna tornare ad una politica capace di guidare il Paese e che abbia a cuore il bene comune, attraverso scelte responsabili, civili, di rispetto. Su questi temi non ci possono più essere tentennamenti o a mancate applicazioni di norme, come quella costituzionale, solo per scrupoli di convenienza elettorale o “malpancista”.

Quindi se noi titoliamo questa intervista “Laura Puppato: sì ai matrimoni gay” lei cosa mi dice? 
Le dico che sono contenta.

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