Ricercatore e attivista LGBT egiziano arrestato e torturato

Il ragazzo 27enne, ora a Bologna per un Master, lavora per un'organizzazione che si occupa dei diritti umani.

attivista lgbt
2 min. di lettura

Si chiama Patrick George Zaki. Ha 27 anni. E’ un ricercatore di gender studies all’Egyptian Iniziative for Personal Rights (Eipr) ed è anche un attivista LGBT, impegnato nei diritti civili. Ora, è impegnato in un Master a Bologna. E nei giorni scorsi è stato arrestato dalla Polizia egiziana, portato in un luogo sicuro, picchiato e torturato con l’elettroshock. Al momento è ancora in carcere con un ordine di custodia cautelare. Il ragazzo al momento sta bene, ma teme di rimanere in carcere anche per anni, come succede di solito in questi casi, che spesso vengono insabbiati e dimenticati. 

Per la Polizia del Paese, è una pratica comune. La persona viene arrestata e “fatta sparire”. Viene interrogata e torturata per ottenere tutto quel che sa. Poi, o la mobilitazione è talmente forte da far inventare una falsa accusa (come accaduto in questo caso), o il cadavere di quella stessa persona viene ritrovato dopo settimane. E’ il caso di Giulio Regeni. Non è infatti un caso che le modalità e (forse) anche i torturatori del giovane attivista LGBT siano gli stessi che hanno picchiato selvaggiamente e torturato il ricercatore italiano.

Patrick George Zaki si occupa di studi di genere, ovvero lo studio socio-culturale della sessualità e dell’identità di genere. L’Egyptian Iniziative for Personal Rights si occupa di diritti umani. E’ l’unica organizzazione egiziana. E per questo tenuta sotto stretta sorveglianza dagli organi si sicurezza, sempre pronti a censurare e limitare il loro lavoro. 

La storia di Patrick, ricercatore e attivista LGBT

L’incubo di Patrick inizia il 7 febbraio. Studia all’università di Bologna, dove sta facendo un Master. Era tornato in Egitto per stare con la famiglia. Ma quella mattina, all’aeroporto de Il Cairo, alla dogana il ragazzo viene riconosciuto: c’è un mandato di arresto nei suoi confronti. Lui, naturalmente, non ne sapeva nulla. La sicurezza è stata avvertita e poco dopo è stato arrestato dai servizi di sicurezza Nsi. E’ stato prima portato in un luogo della città del Cairo, poi ad al-Mansoura.

Da quel momento, di Patrick George Zaki non si sa più nulla. Nelle 24 ore in cui è stato in balia degli agenti dei servizi segreti egiziani, è stato interrogato e torturato con l’elettroshock, attraverso dei fili elettrici, in modo da non lasciare evidenti segni sul corpo. L’attenzione sulla sua scomparsa, la mobilitazione social anche dall’Italia e la denuncia dei genitori (i quali al telefono avevano sentito il ragazzo affermare di essere stato arrestato) hanno convinto i funzionario a rilasciarlo, e continuare l’interrogatorio in procura, con la presenza di un avvocato.

Secondo il legale, Patrick è accusato di “diffusione di false informazioni per minare la stabilità nazionale, incitamento a manifestazione senza permesso, tentativo di rovesciare il regime, uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale, propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza”. I verbali riportano poi perquisizioni mai avvenute, incontri sospetti ai quali Patrick non ha mai partecipato (non torna in Egitto dall’agosto scorso) e il suo arresto in un luogo completamente diverso (era avvenuto in aeroporto). Il ragazzo ora sarà in carcere fino all’udienza, prevista per fine febbraio. Le sue sorti sono appese a un filo, dato che gli attivisti in Egitto solitamente vengono giudicati colpevoli e sottoposti a torture e violenze durante il periodo di prigionia. 

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Renzo Loi 10.2.20 - 11:49

come il caso regeni. la prof che lo invio' ora non parla .xchè?e questo ragazzo attivista e ricercatore xchè in egitto? troppe domande e coincidenze con giulio regeni.a me risulta che con la scusa dei diritti umani si vuogliono schiavizzare le nazioni x un potere unico mondiale.chissa ' xchè questi ragazzi vengono mandati all'assalto e poi abbandonati.troppi interrogativi.

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