“Una volta fatto coming out è impossibile rientrare nel mondo del calcio”: a poche settimane da quando disse al mondo di essere gay, Robbie Rogers, ex giocatore nel Leeds oltre che della nazionale americana, esclude ogni ripensamento dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo ad appena 25 anni. “Nel calcio professionistico – ha spiegato in un’intervista al The Guardian – è impossibile dire di essere gay. Nessuno ci è riuscito, una volta fatto coming out è impossibile rientrare in quel mondo, è triste dirlo ma è così“.
Rogers ha raccontato di aver “avuto paura su cosa avrei detto ai miei compagni di squadra, come loro si sarebbero comportati nei miei confronti negli spogliatoi o sul bus. Ho sempre avuto paura di mostrare chi ero veramente e dei giudizi che ne sarebbe derivati. Avrei potuto essere forte e resistere a tutto questo ma non so se questo era davvero quello che volevo. Io volevo essere un calciatore ma avrei rischiato di far parte di un circo, dove magari le persone, i compagni vengono a trovarti solo perché sei gay. Magari stai giocando bene e i media potrebbero scrivere su di te, ‘ecco il gay sta giocando bene’ o magari se commetti un fallo o lo subisci, giù altre considerazioni. Insomma ho provato brutte sensazioni – ha concluso Rogers – che mi hanno portato a mollare tutto. Spesso si dice che nel gruppo, nel mondo del calcio non c’è questa mentalità ‘ottusa’, ma no credete, c’è sempre voglia di prendere in giro per questi aspetti”.
Il presidente della Fifa, Joseph Blatter aveva accolto il coming out di Rogers con un tweet: “Questo è il 2013, grazie”.
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